La Rete è la comunicazione-mondo preconizzata dal sociologo Armand Mattelart già nel 1994 e costituisce ormai una giovane-vecchia talpa che scava in un universo virtuale, il quale -però- sa fare i conti con la realtà. Ed è capace di cambiare la realtà, con modalità iperveloci, lontane dalla lentezza della progressione temporale analogica.
Si è parlato in svariati modi della rete in queste ultime settimane: dal mercimonio dei dati personali, allo scandalo dei siti sessisti.
Tuttavia, la vicenda del Nepal ci illumina nuovamente sulla materialità della dimensione apparentemente eterea della rete.
I fatti sono noti e ne ha parlato diversi giorni fa il manifesto. Da lunedì 8 settembre la capitale del Nepal Kathmandu è stata attraversata da grandi mobilitazioni. Il parlamento fu dato alle fiamme, la sede governativa assaltata. Il primo ministro Kp Sharma Oli, comunista di vecchio stampo sulla scia del marxismo-leninismo con il trattino, si è dovuto dimettere. Le proteste sono state innescate dalla scelta dell’esecutivo di bloccare ben 26 piattaforme social: tra cui X, YouTube, Facebook, e così via. Senza social le generazioni digitali hanno immaginato probabilmente di perdere un loro diritto fondamentale.
Che, poi, questo abbia comportato tanti morti e feriti non è detto che c’entri solo con le proteste sulla libertà di espressione, essendosi certamente infiltrata nelle manifestazioni gente di altre provenienze e con obiettivi distanti da quelli originari.
Alle origini della sbagliata scelta governativa vi era la sempre esibita lotta alle manipolazioni e alle fake, in nome di una presunta verità da difendere contro sobillazioni eversive.
Peccato che la nuova premier (Sushila Karki, ex responsabile della Corte Suprema) sia emersa, a quanto pare, dalla spinta di una piattaforma di messaggistica istantanea, Discord, che non sembra proprio un luogo di democrazia partecipata.
Insomma, questa storia ci racconta che non ci sono leggi o regole che tengano: la voglia di comunicare al di fuori dai media classici (dai giornali alla televisione) è fortissima e non si frena con qualche grida manzoniana. Del resto, anche quella rilevantissima parte del globo è in subbuglio: dallo Sri Lanka, al Bangladesh, all’Indonesia, e per motivazioni a volte comuni e a volte locali.
La rete, come si dimostra ancora una volta, ha molte facce: una democratica, una di costruzione dell’opinione pubblica, una di affari non commendevoli.
E se la stragrande maggioranza delle piattaforme è nelle mani della potentissima oligarchia degli Over The Top avvicinatasi nel frattempo a Trump, ciò non disincentiva una sorta di uso antioligopolistico degli oligopoli.
Numerosi anni or sono -era il 2006- nacque ad Atene su spinta di Stefano Rodotà l’Internet Governance Forum (Igf), emanazione del World Summit della Società dell’Informazione (Wsis) della famiglia delle Nazioni unite.
Seguirono altre sessioni dopo la prima, ma lo spirito dell’Igf si è disperso e l’opportunità che potesse divenire un’autorità mondiale dotata di funzioni amministrative, giurisdizionali e regolatorie rimase una pia intenzione.
Non serve rivangare il passato, ma è evidente che l’immensa tematica della Rete è stata completamente sottovalutata e vista volta per volta come uno strumento liberatorio ovvero un insidioso nuovo inedito potere. Sono vere entrambe le polarità dialettiche, ma proprio per questo sarebbe stata necessaria una governance aperta e avveduta.
In Europa si varò nel 2022 il Digital Services Act, per mettere freni e paletti. L’onda reazionaria che viene dagli Stati uniti sta travolgendo persino simile fragile trincea.
Ora il Nepal ci chiede di riprendere il cammino di una riflessione non occasionale o determinata solo dall’attualità, bensì costruita su una visione e su principi saldi.
E, poi, il Nepal ci dà un’ulteriore lezione di umiltà: i rivolgimenti nel e del campo mediale e post-mediale non partono solo dall’occidente.
Il Nepal è il paese della porta accanto e la conclamata generazione Z ha gli stessi desideri dei coetanei di New York, Londra, Milano o Parigi. La galassia è uguale.
