Marah Abu Zuhri era una ragazza palestinese di vent’anni. Scriviamo era perché purtroppo non c’è più. È deceduta nei giorni scorsi presso l’ospedale di Pisa, dove era stata ricoverata dopo essere giunta da Gaza in condizioni disperate. Fame, stenti, un livello di denutrizione che alle nostre latitudini non si era mai visto, se non forse durante la Seconda guerra mondiale, l’impossibilità di salvarla nonostante sforzi titanici e ora persino la menzogna infamante delle autorità israeliane, secondo cui Marah avrebbe sofferto invece di leucemia. E se anche fosse? Pensate che la denutrizione e la mancanza di cure faccia bene a chi è affetto da una malattia così grave? Comunque no, è falso: Marah è morta di fame, come molti altri bambini e ragazzi di quella terra martoriata, di cui il cardinale Zuppi ha letto i nomi a Marzabotto. È stata uccisa deliberatamente, come peggio non si sarebbe potuto. Ne è stato spento il sorriso, ne è stata violata la dignità, è stata disumanizzata, calpestata e brutalizzata peggio che se fosse stata colpita da una bomba. Una morte lenta, la sua, una condanna degna di un girone dantesco. E ora la seconda condanna, la più atroce: quella all’oblio, all’indifferenza, la negazione dell’evidenza che da sempre è il preludio della soluzione finale.
Forse non tutti hanno colto la grandezza del gesto di Zuppi, che leggendo i nomi di bambine e bambini uccisi dal sistematico tentativo del governo israeliano di annientare il popolo palestinese ha restituito loro un nome, un’identità e dunque il ricordo, la possibilità di piangerli e onorarne la memoria.
Persone, esseri umani, non numeri, un’intera generazione che sta svanendo, giorno dopo giorno, senza che il sedicente “mondo libero” pronunci mezza parola di condanna: di questo stiamo parlando, di una vergogna collettiva che ricadrà per sempre su di noi. E a chi si è spinto ad affermare che se la sinistra fosse al governo agli ebrei verrebbe sparato per le strade, ci permettiamo di ricordare che l’ultima volta in cui gli ebrei sono stati rastrellati e condotti nei campi di sterminio erano al potere i complici dei nazisti, i redattori de “La difesa della razza”, coloro che seguirono Mussolini fino alla ridotta di Salò e, in alcuni casi, nel dopoguerra, diedero vita a un partito con la fiamma tricolore nel simbolo. La sinistra contemporanea ha parecchi problemi e molto fa farsi perdonare, ma chi tuttora si ispira, almeno in parte, a determinati personaggi risiede politicamente altrove.
