La notte fra il 3 e il 4 agosto del 1974 una bomba ad altissimo potenziale esplose sul treno Italicus, quello che da Roma, attraverso il Brennero, portava a Monaco di Baviera. Per un anticipo di tre minuti la bomba scoppiò prima dell’ingesso in galleria e nonostante questo l’esplosione, violentissima, provocò 12 morti e 48 feriti.
Era una estate caldissima e bellissima quella del 1974. La hit della stagione era “Bella senz’anima” di Riccardo Cocciante. A maggio si era svolto il referendum che sancì definitivamente la legge sul divorzio in Italia. Il PCI era molto forte, ma a sinistra dei comunisti italiani avevano cominciato a operare le Brigate rosse, fondate anche da qualche esponente, come Alberto Franceschini, che sosteneva di richiamarsi agli ideali comunisti. In tre mesi una sequenza tragica: le Br rapirono il giudice Mario Sossi, i neofascisti compirono la strage di piazza della Loggia a Brescia poco dopo l’attentato all’Italicus.
Il PCI condannè immediatamente le Br, contro cui combattà poi per un decennio, pagando anche con vittime come Guido Rossa.
La vicenda dell’Italicus è complessa e gli esecutori restano ancora formalmente sconosciuti, ma i fatti e le sentenze parlano da sole.
E’ il periodo in cui prende corpo qualcosa di più concreto del tentato golpe Borghese del 1970: per gran parte di quello che allora era l’Occidente, e soprattutto per gli Stati Uniti, il rischio che il partito comunista in Italia vada al potere è concreto. E va fermato. Ci sono voci, non prove, che su quel treno dovesse salire Aldo Moro, poi fermato da impegni improrogabili. Ci sono fatti ritenuti inimmaginabili dalle destre, come il clamoroso successo dei favorevoli alla legge sul divorzio, un aspetto ancora da approfondire, ma che storici come Crainz non sottovalutano. Per non dire dello scenario internazionale, dove in pochi mesi finiscono le dittature fasciste in Portogallo e in Grecia.
In Italia il terrorismo nero è molto organizzato, si susseguono attentati soprattutto in Toscana, si coltivano legami fra gli estremisti e il Movimento Sociale Italiano.
La tragica trama nera è ben descritta dai giudici nella sentenza di appello del processo Italicus nel 1986: «In primavera, nel momento di maggiore tensione, iniziò una serie di attentati terroristici, via via sempre più gravi, rivendicati da Ordine Nero. In Toscana, il 21 aprile, si ebbe l’attentato di Vaiano, primo attacco alla linea ferroviaria Firenze-Bologna. Seguì a Brescia la gravissima strage di piazza della Loggia, poi a Pian del Rascino la sparatoria cui perse la vita Giancarlo Esposti, il quale – secondo quanto Sergio Calore avrebbe appreso dal Signorelli, dal Concutelli e dal Fachini era in procinto di recarsi a Roma per attentare alla vita del presidente della Repubblica, colpendolo spettacolarmente a fucilate durante la parata del 2 giugno.
Può pensarsi che ognuno di questi fatti fosse fine a se stesso? Gli elementi raccolti consentono di dare una risposta decisamente negativa. Gli attentati erano tutti in funzione di un colpo di stato previsto per la primavera-estate ’74, con l’intervento «normalizzatore» di militari in una situazione di tensione portata ai grandi estremi. E valga il vero.
E i mandanti, al termine dei processi, sono indicati in Gelli e vari esponenti delle forze armate e dei servizi segreti.
Ma anche in questa tragedia il legame chiaro, storicamente accertato, innegabile fra il terrorismo nero e il MSI , ha una sua conferma.
Il 5 agosto, poche ore dopo l’attentato, Almirante va in Parlamento per accusare i terroristi di sinistra, sostenendo che negli scantinati della facoltà di fisica all’università La Sapienza di Roma c’era esplosivo ammassato da studenti di sinistra. La falsa “fonte”, Francesco Sgrò, confesso poi che era il deposito degli studenti di destra che passavano nei sotterranei attraverso la facoltà di giurisprudenza da loro occupata.
Non potranno riscrivere la storia di cui fanno parte, lo diciamo dal giorno del’insediamento di Giorgia Meloni. Ma faranno di tutto per riuscirci. E’ l’ossessione di questa estrema destra al governo. E noi di Articolo 21 dobbiamo fare la nostra parte, contestando con forza la non accessibilità ai testi delle sentenze e aiutando in ogni modo le associazioni dei familiari delle vittime, alle quali dobbiamo le verità accertate e alle quali un giorno l’Italia capirà che deve enorme riconoscenza per aver combattuto per la democrazia e per la costituzione repubblicana.
E voglio ricordare il nome della vittima più giovane del’Italicus: Silver Sirotti. Non era nella vettura 5, quella dell’ esplosione, ma era un ferroviere in servizio e strappò un estintore per precipitarsi a dare aiuto ai passeggeri. E non ce la fece. Quel giorno, il 4 agosto del 1974, aveva 24 anni come me. Ma lui la vita non l’ha più avuta perché una bomba fascista lo ha fermato per sempre.
