80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

“Nonostante” – di Valerio Mastandrea

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Con Valerio Mastandrea, Dolores Fonzi, Lino Musella, Laura Morante. Ita, 2025.

Al suo secondo film da regista, dopo il discreto, ma qua e là promettente, “Ride”, 2018, Valerio Mastandrea realizza, insieme al sodale sceneggiatore Enrico Audenino, un’opera che lascia il segno per intensità e inventiva, ma anche un pò di rimpianto causato da qualche vuoto narrativo di troppo per un lavoro così ambizioso.

Lui, il sempre straordinario Mastandrea, “vive” in una clinica tra la vita e la morte, sdoppiato tra il suo corpo in coma e la sua essenza “sopravvivente”, condividendo il limbo con altri ospiti della casa di cura, lì nelle sue stesse condizioni. La sua presenza fantasmatica si aggira tra l’edificio sanitario e le zone circostanti il quartiere, intrattenendosi, ovviamente non visto, con la gente nei modi più diversi e divertenti. Evidentemente, sta bene così Lui, sembra non avere rimpianti per la vita terrena che ha momentaneamente lasciato. Diviso tra la compagnia del tenero Curiosone, un bravissimo Lino Musella, e di una ombrosa Laura Morante (il suo “nome” è Veterana, per via della lunga degenza), Lui si innamorerà di Lei (la brava attrice argentina Dolores Fonzi), una giovane in coma a causa di un incidente stradale. Bravo nel mantenere sospesa la linea temporale del film, Mastandrea, pur ispirandosi a molte pellicole precedenti come “Ghost” e “Il paradiso può attendere”, e non trascurando certi toni de “Il cielo sopra Berlino”, disegna un ritratto fortemente ed efficacemente metaforico dell’essere umano, sempre pronto a lasciarsi sorprendere dalla vita “nonostante” lo stato di fermo in cui si trova. Colpisce la capacita dell’attore-regista romano di mettere insieme, in forma poetica, dramma e commedia, rendendo un’atmosfera rarefatta e labile la migliore condizione per inoltrarsi nei meandri mentali ed esistenziali di chi, come Lui e Lei, spera di non morire né di tornare a vivere, essendo la condizione di “sospeso” la migliore, in quanto coincidente, simbolicamente, con il momento, l’stante, dunque con l’inafferrabile presente. Quello di Mastandrea è un inno a regalarsi la pienezza di ogni attimo della vita, senza lasciarsi condizionare dal pensiero della morte né dalla vita come condizione da mantenere rinunciando a “vivere”. Il presente è ciò che conta, capace di valere più di mille esistenze, essendo, quando felice, infinito. Come accennato in precedenza, purtroppo, nonostante il film duri poco più di 90 minuti, a volte soffre di vuoti narrativi, colmati in maniera ovvia e stucchevole, compreso un prefinale ed un finale troppo tirati per il collo. Poco male per un’opera che si allontana in modo netto dai soliti cliché di certo cinema italiano studiato a tavolino per incassare e lontano da qualsiasi forma artistica, che è, invece, piena in questo certosino ed entusiasmante lavoro di Mastandrea. Al quale si potrebbe ricordare che anche grandi della settima arte contemporanea hanno chiuso i loro film in soli 70, 80 minuti scarsi. La necessità del tempo standard per lo spettatore lasciamola solo ai pensieri dei produttori che, spesso e purtroppo, con l’arte c’entrano davvero poco.


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