Grazie a PEN International e all’Ong Access Now sono sfuggito da una censura di oltre due mesi su Facebook

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Dopo oltre due mesi di censura unilaterale del mio account sono riuscito a recuperare il mio accesso a Facebook. Due mesi di traversata nel deserto, due mesi di messaggi a ripetizione all’assistenza senza risposta, due mesi di mail a vuoto, di richieste da parte di “esperti informatici”, hackers dell’ultima ora che si offrivano di sbloccare il mio account dietro compenso. Due mesi di buio in cui i miei articoli ed il mio lavoro di giornalista sono stati ingiustamente silenziati, censurati. Non ho mai smesso di scrivere a Meta, non ho mai avuto risposta, ho persino sporto denuncia alla Procura della Repubblica di Parigi per furto d’identità. Ma non è mai successo niente, non ho ricevuto nessun tipo di assistenza.
Avevo già raccontato su Articolo Ventuno (ne ho scritto qui: https://www.articolo21.org/…/hackers-vietnamiti-in…/ ) come il mio account fosse stato piratato una notte di novembre da hackers del Vietnam (tutte le connessioni provenivano di li). Da mesi gruppi di hacker vietnamiti tengono infatti in scacco migliaia di persone nel mondo utilizzando la loro identità digitale per colpire indiscriminatamente governi e aziende, imprenditori, giornalisti, ricercatori. Bande organizzate che distruggono attività imprenditoriali nel mondo, cercano di sabotare governi, zittiscono attivisti dei diritti umani, cancellano le libertà digitali del cittadino. Gruppi “armati’ sostenuti e foraggiati da un regime nazionalista che è uno dei più liberticidi al mondo: il Vietnam è posizionato al 178esimo posto su 180 nella lista stilata da Reporters Sans Frontières per il rispetto della libertà di stampa e di espressione. io sono la prima vittima di queste azioni di disinformazione e di cancellazione dell’identità digitale. In una notte di novembre dunque questi hackers hanno violato il mio account personale facebook per creare un account falso su Instagram. Quest’ultimo ha diffuso contenuti illegali, compiuto azioni di pirateria telematica, violato le regole della community ed è stato bloccato ed ha causato anche la disabilitazione permanente ed “insindacabile” del mio account facebook. Prima che il falso account instagram fosse cancellato ho potuto fare una schermata dei luoghi di connessione: tutti da Hanoi o altre città del Vietnam. E’ il loro modus operandi. Gli hackers vietnamiti usano il malware DarkGate insieme ad altri strumenti di malware as a service (MaaS) per infettare le vittime con trojan di accesso remoto (RAT) e altri malware che rubano informazioni come Ducktail, Lobshot e Redline, secondo un rapporto redatto dal think thank per la cybersicurezza americano WithSecure.
Mi ero oramai rassegnato alla cancellazione definitiva del mio account (dopo 90 giorni di inattività l’account viene cancellato). Nessuna risposta dall’assistenza, nessun aiuto di nessun tipo da un social che deteneva 15 anni di ricordi, di articoli, migliaia di contatti, inchieste, foto inedite e post. Niente di niente fino a quando non ho deciso di contattare PEN International ed esporre il mio caso. Quello di un giornalista al quale hanno piratato l’account ed utilizzato illegalmente il profilo per creare altri profili falsi su Instagram che veicolavano materiale illegale. Meta non mi ha mai permesso di difendermi, nemmeno inviando gli screenshot oppure permettendomi di spiegare il mio caso con rigore. Ho avuto la fortuna di poterne discutere ccon responsabili di PEN International che mi ha indirizzato verso la Ong di difesa dei diritti digitali e della libertà di stampa e di espressione Access Now. A loro ho esposto il mio caso mostrando come la decisione di disattivare il mio account non costituisse affatto una forma di sicurezza (forse lo era per la piattaforma ma non per il mio profilo, cancellato dai radar per oltre due mesi) ma una violazione palese della mia libertà di espressione. Non potevo più condividere i miei articoli, i miei post, le mie inchieste. Dopo 24 ore il mio account è stato sbloccato. Un vero e proprio miracolo dopo mesi di silenzio assoluto. Ora che l’incubo è finito posso finalmente tornare a condividere i miei articoli ed i miei pensieri senza altre forme di censura preventiva. Grazie a PEN International per avermi supportato in questa battaglia personale.
Queste vicissitudini mi hanno fatto capire come la difesa della libertà di stampa e di espressione, in un mondo saturo di fake news, pirati e disinformazione, resti la priorità per ogni giornalista con la schiena dritta.

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