Perché, per una volta, non bisogna andare alla conferenza stampa del capo del Governo

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Perché, per una volta, non bisogna andare. Sarebbe bello se giovedì mattina, (28 dicembre), in occasione dell’abituale conferenza stampa di fine anno della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i principali quotidiani italiani, o almeno quelli orientati a sinistra, pubblicassero in prima pagina lo stesso editoriale: “Perché, per una volta, non bisogna andare”.
Non bisogna andare perché Meloni, di fatto, non ha mai accettato un confronto franco e magari anche aspro con la nostra categoria.
Non bisogna andare perché la RAI è stata ridotta a un megafono dell’esecutivo, con le conseguenze, in termini di qualità e ascolti, che sono sotto gli occhi di chiunque.
Non bisogna andare perché sappiamo che tanto non risponderà mai punto su punto, ma tenderà a eludere le questioni più spinose.
Non bisogna andare perché non bisogna dare l’impressione della normalità quando di normale, nella nostra quotidianità, non è rimasto più quasi nulla.
Non bisogna andare perché troppi esponenti di questo governo e di questa maggioranza ricorrono alle querele per sottrarsi alle legittime domande di croniste e cronisti.
Non bisogna andare perché il premierato mette a repentaglio la Costituzione.
Non bisogna andare perché l’autonomia differenziata costituisce, in realtà, una secessione dei ricchi a danno dei più deboli, dunque è una controriforma che spacca ulteriormente il Paese.
Non bisogna andare perché, dalla scuola a tragedie come quelle di Palermo e Caivano, l’unica ricetta che questa destra sa adottare è quella punitiva e repressiva.
Non bisogna andare perché ci stiamo isolando in Europa.
Non bisogna andare perché l’Italia non può e non deve essere una succursale dell’Ungheria di Orbán.
Non bisogna andare perché il Parlamento è stato, di fatto, esautorato a colpi di decreti e fiducie (lo abbiamo sempre detto e scritto, chiunque si comportasse nello stesso modo, pertanto abbiamo le carte in regola per esprimerci anche in questo caso).
Non bisogna andare perché i migranti si accolgono, non si mandano in Albania come se si trattasse di pacchi postali sgraditi.
Non bisogna andare perché la dignità e i diritti umani vengono prima di tutto.
Non bisogna andare perché il reato di tortura è stato introdotto in seguito a una sentenza della Corte di Strasburgo relativa alla mattanza della Diaz e non si può aprire alcun confronto con chi intende cancellarlo.
E non bisogna andare, in conclusione, perché a queste ragioni se ne sommano altre mille e non possiamo essere noi a sostituirci a un’opposizione drammaticamente divisa e troppo spesso assente.
Una bella sala vuota. Quando la Signora presidente del Consiglio (rigorosamente al femminile) accetterà di dialogare con noi in un clima proficuo e rispettoso verso chi ci legge e ci ascolta, torneremo a porle domande. Fino a quel momento, riceverà, in cambio del suo atteggiamento, le nostre legittime critiche e il nostro doveroso silenzio.


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