Mentre il Paese dà sfoggio di vittimizzazione secondaria, il femminismo punta a cambiare la società dal basso

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Presentato Semia, il primo fondo del movimento femminista italiano, per sostenere chi lotta in prima linea per i diritti e l’uguaglianza di genere in un Paese in cui ancora molto c’è da fare.

Anche se siamo a metà dicembre, fa caldo nel giardino della magnolia, il meraviglioso albero secolare che troneggia nel chiostro seicentesco della Casa internazionale delle Donne di Roma e l’aria è quella festosa di una nascita, quella di Semia. Il primo fondo femminista italiano si riconosce nei valori del femminismo intersezionale, cioè quella corrente femminista che approccia le questioni della disparità tra i generi in modo articolato, considerando le intersezioni tra diverse forme di discriminazione, esclusione, oppressione e privilegio che possono derivare da differenze di classe, background culturale, religione, orientamento sessuale e relazionale, identità di genere, provenienza geografica, età, disabilità, etnia e corpi. Il movimento femminista contemporaneo, in Italia, si autodefinisce frequentemente con il termine “transfemminista” a marcare l’espansione del concetto di genere da un modello binario all’accettazione dell’esistenza di identità plurime trans e non binarie.

Altre realtà italiane continuano a definirsi “femministe” e alcune si occupano esclusivamente di donne cis (ad esempio in termini di salute riproduttiva). Semia invece supporta tutte le organizzazioni, a esclusione di quelle esplicitamente trans-escludenti; abbraccia i femminismi nella loro complessità, consapevole che essi rivolgono la propria azione al raggiungimento di un obiettivo comune. Su istanze controverse del dibattito femminista contemporaneo, rimane tuttavia neutrale, sostenendo un dialogo ampio, plurale e sicuro per chiunque. Il fondo delle donne condivide le posizioni della scienza contemporanea che definisce il genere non solo in riferimento ai caratteri biologici dell’individuo ma anche in relazione alla percezione di sé, riconoscendo l’esistenza di queste differenze (“gender variance”) come parte della variabilità e unicità umana. Per Semia le donne+ sono tutte coloro che si identificano come tali e adotta, dunque, un significato ampio del termine “donna”, inclusivo rispetto a libere soggettività transgenere e non binarie che possono anch’esse subire discriminazioni sulla base del genere e dell’orientamento sessuale scelto.

Semia è un Ente del Terzo Settore di natura non commerciale, non partitica, non religiosa, che non dipende da donatori privati o istituzionali. Totalmente indipendente, adotta la soluzione linguistica del “femminile sovraesteso”, cioè utilizzato per tutte le forme plurali, indipendentemente dalla loro identità di genere. Il suo team di è, ad oggi, composto in maggioranza da donne ma come gli altri organi della fondazione (Advisory Board e all’Assemblea di Partecipazione) è aperto a tutti i generi. Tuttavia, per Semia è importante la rappresentazione e la rappresentanza delle categorie beneficiarie all’interno della propria governance e leadership al fine di acquisire quella prospettiva ed expertise capaci di guidare l’azione dell’organizzazione. Per questa ragione, i ruoli di presidente e consigliera nel Consiglio di Amministrazione sono espletati, secondo lo Statuto, da due donne eccezionali, forti e sensibili, Paola De Leo e Marika Moscati.

Esistono degli advisor esterni che si occupano specificatamente di persone trans e non binarie, persone razzializzate o con background migratorio, persone di differenti credo religiosi che possano supportare il team di Semia se non presenti al suo interno queste specifiche capacità: l’Advisory Board è un organo della fondazione creato proprio per supportare il team su questioni specialistiche ed è in costante crescita e contaminazione. Per entrare a far parte dell’ Assemblea di Partecipazione occorre condividere le finalità della fondazione, e contribuire con risorse finanziarie, relazioni e competenze alla realizzazione della sua missione con una visione di lungo termine. L’Assemblea offre, a chi lo desideri, la possibilità di giocare un ruolo diretto nella tutela e nella promozione dei diritti delle donne+ in Italia. Un’occasione unica per dare un contributo al progresso del nostro Paese e a una delle cause più urgenti del nostro millennio. Lo crede Miriam Mastria, direttrice esecutiva e vicepresidente del fondo: “ L’attivismo funziona ma ha bisogno di supporto economico e strategico. L’assunto alla base del modello è che un movimento femminista ampio, diffuso, sostenibile, creativo e connesso sia davvero capace di trasformare la società dal basso, rendendola più aperta e inclusiva, con al centro i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti”.

Semia è il segno tangibile della trasformazione femminista dell’Italia. Il buon auspicio che il cambiamento è già in atto: non parliamo di quella sensazione di ottimismo di chi rimane in attesa, ma della volontà tenace di chi crede che un futuro migliore ci attende, finché continuiamo a lottare, studiare, unire. Crede nei germogli del cambiamento già da quando sono poco più che un’idea e li sostiene affinché crescano forti, nutriti della storia femminista italiana, delle risorse del territorio, e delle competenze di una rete di realtà mosse dagli stessi ideali. Persegue la parità tra i generi in ottica intersezionale dove classe, etnia, identità, orientamento sessuale, disabilità, religione, istruzione e territorio sono le multiple direttrici del nostro sguardo. Crede nella forza delle differenze che uniscono, nell’importanza dell’autodeterminazione del corpo, delle finanze e dei destini delle donne e delle libere soggettività come chiave per affrontare la violenza e la discriminazione sistemica in Italia. Si propone in tal senso di rafforzare e sostenere l’ecosistema femminista italiano, coscienti delle difficoltà delle organizzazioni che lo compongono e delle cause strutturali che le determinano, rimuovendo gli ostacoli all’azione femminista e facendo quello in cui le femministe sono brave a fare: costruire reti e smantellare collettivamente gli impedimenti alla pari ed equa realizzazione delle donne e di tutti, generando galassie di collaborazione filantropica verso la causa della giustizia di genere.

Il primo fondo delle donne appartiene a tutte le persone libere e autodeterminate che vogliano utilizzare la loro libertà per liberarne altre, attraverso la condivisione orizzontale di risorse, tempo ed energie. Perché una società femminista non sia solo una dimensione possibile, ma il tempo presente e la migliore coniugazione possibile di tempo futuro.


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