Hackers vietnamiti in azione contro giornalisti, attivisti, cittadini comuni

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(Parigi). Da mesi gruppi di hacker vietnamiti tengono in scacco migliaia di persone nel mondo utilizzando la loro identità digitale per colpire indiscriminatamente governi e aziende, imprenditori, giornalisti, ricercatori. Bande organizzate che distruggono attività imprenditoriali nel mondo, cercano di sabotare governi, zittiscono attivisti dei diritti umani, cancellano le libertà digitali del cittadino. Gruppi “armati’ sostenuti e foraggiati da un regime nazionalista che è uno dei più liberticidi al mondo: il Vietnam è posizionato al 178esimo posto su 180 nella lista stilata da Reporters Sans Frontières per il rispetto della libertà di stampa e di espressione. Operazioni dunque di grande ampiezza compiute da veri e propri eserciti di pirati informatici che hanno un solo scopo: seminare il caos, preludio a leggi restrittive e libertà violate che ci consegneranno società sempre più ripiegate su sé stesse, diffidenti ed in preda alla disinformazione e alle fake news.
Nessuno sembra fermare o voler fermare quest’invasione degli Hyksos. Gli hackers vietnamiti hanno colpito negli Stati Uniti (oltre 3.000 account facebook violati quest’estate), hanno colpito in Gran Bretagna, hanno colpito in India (ne hanno parlato la CNN ed altri media). Ora cominciano a colpire anche in Europa ed io sono la prima vittima di queste azioni di disinformazione e di cancellazione dell’identità digitale. Nella notte tra venerdì e sabato della settimana scorsa hanno violato il mio account personale facebook per creare un account falso su Instagram. Quest’ultimo ha diffuso contenuti illegali, compiuto azioni di pirateria telematica, violato le regole della community ed è stato bloccato ed ha causato anche la disabilitazione permanente ed insindacabile del mio account facebook. Prima che il falso account instagram fosse cancellato ho potuto fare una schermata dei luoghi di connessione: tutti da Hanoi o altre città del Vietnam. E’ il loro modus operandi. Gli hackers vietnamiti usano il malware DarkGate insieme ad altri strumenti di malware as a service (MaaS) per infettare le vittime con trojan di accesso remoto (RAT) e altri malware che rubano informazioni come Ducktail, Lobshot e Redline, secondo un rapporto redatto dal think thank per la cybersicurezza americano WithSecure. “Sulla base di quanto abbiamo osservato, è molto probabile che dietro a molte delle campagne che abbiamo monitorato e che hanno come obiettivo gli account Meta Business ci sia un unico attore“, ha dichiarato Stephen Robinson, senior threat intelligence analyst di WithSecure.
Ma chi sono questi hackers vietnamiti e cosa vogliono? Non sono ribelli che si rivoltano contro la censura ed il bavaglio del regime vietnamita. Sono un vero e proprio esercito paramilitare “digitale” paragonabile al gruppo Wagner. Il Partito-Stato vietnamita infatti, volendo controllare ogni segmento dell’informazione, ha creato il gruppo paramilitare Forza 47, un’unità composta da 10.000 cyber-soldati incaricati di difendere la linea del  partito e di attaccare qualsiasi voce dissidente su internet. L’esercito colpisce anche globalmente, in maniera sporca e sotto copertura. Siti abbattuti, voci zittite, dati violati, campagne denigratorie e macchina del fango contro oppositori. Il Vietnam è attivissimo nella censura della rete ed appoggiandosi su questo esercito dell’ombra blocca o interrompe la fornitura d’Internet durante le proteste o durante processi che implicano personaggi politici di alto profilo. Il regime vietnamita, al potere dal 1975, ha approvato una legge sulla sicurezza informatica che definire problematica è un eufemismo ed ha recentemente pubblicato una bozza di emendamento al decreto n. 72 sull’uso dei servizi Internet e delle informazioni online che di fatto rafforza la censura e la sorveglianza. La bozza richiede alle piattaforme online di monitorare e rimuovere proattivamente i contenuti in base a vaghe categorie proibite e di rispettare gli ordini di rimozione in 24 ore, incentivando le aziende a ricorrere a una censura (ed autocensura) diffusa. In Vietnam, i giornalisti incarcerati sono quasi sistematicamente sottoposti a maltrattamenti e privati di cure mediche. Il 2 agosto 2022, il commentatore politico Do Cuong Dong è morto in carcere all’età di 58 anni, a causa dei maltrattamenti subiti dopo l’arresto. Più recentemente, nell’agosto 2023, la famiglia del reporter freelance Le Huu Minh Tuan, condannato nel 2021 a 11 anni di carcere, ha rivelato che soffre di una grave infezione da scabbia per la quale gli vengono negate le cure mediche dall’amministrazione carceraria.
Insomma il contesto da cui vengono questi attacchi informatici è problematico, violento. E quando un regime decide di usare le armi telematiche per abbattere le libertà individuali il pericolo diventa globale. Chiunque nel mondo puo’ essere colpito. Gli hackers vietnamiti poi non lavorano solo per il regime vietnamita ma anche per altri attori terzi che chiedono a quest’ultimi, dietro lauti pagamenti, di fare il lavoro sporco che entità, governi, aziende non vogliono o possono fare. Entrano nel tuo account facebook, creano un falso account instagram, veicolano contenuti illegali, chiedono danaro, fanno furti telematici ed altre azioni illecite per conto del regime vietnamita o per gruppi terzi che violano gli standard di Meta e provocano il blocco immediato dell’account creato e dell’account connesso facebook in maniera “insindacabile”. Il problema è grave perché dopo l’uso criminoso di questi profili violati Meta cancella il tuo profilo per sempre senza possibilità nemmeno di difendersi. In rete, soprattutto negli USA, ci sono centinaia di esempi di persone che dopo l’uso illegale del proprio profilo facebook da parte di hackers vietnamiti non riescono più a recuperare il proprio account. E dopo 90 giorni il profilo viene rimosso per sempre dai server. Insomma una cancellazione permanente dell’identità digitale. E per un professionista dell’informazione questa è quasi una condanna a morte. Ora non solo Facebook disabilita la pagina ma non permette neppure di inviare un modulo di controllo per contestare questa decisione per difendersi dall’operato di pirati senza scrupoli, un esercito di soldati anonimi che ti ruba l’identità e con quella compie crimini telematici. E’ una prospettiva terrificante. Pensateci: è come se qualcuno indossasse una maschera col tuo volto e si facesse passare per te rubando ed uccidendo. Come ci si puo’ difendere da questo?
Quello che è accaduto a me e a tanti altri giornalisti, blogger, ricercatori, studenti e semplici cittadini nel mondo dimostra anche l’estrema debolezza e ambiguità di Facebook: una piattaforma avida di foto e dati personali che chiede all’utente tantissimo non dando niente in cambio e per la quale il vero prodotto sei tu. Una piattaforma implicata in diversi processi per aver utilizzato in maniera impropria dati sensibili degli utenti per rivenderli a terzi che non solo non protegge il cittadino, il giornalista, il ricercatore ma lo condanna senza processo e senza accertare la dinamica, il movente, il colpevole. Insomma si mette dalla parte dei pirati, di un regime tirannico e liberticida che mette in prigione i giornalisti, gli attivisti, le voci fuori dal coro. Oggi Meta si prepara a cancellare con un colpo di spugna la mia storia, un profilo vecchio di 14 anni con oltre tremila contatti di lavoro, articoli, foto e reportages senza dare alcuna possibilità al sottoscritto (attraverso mail, telefono o altro) di difendersi dalla falsa accusa di aver utilizzato un account instagram (palesemente falso) per violare le regole della community. Insomma l’obiettivo dei censori vietnamiti dell’ombra, che era quello di far tacere un giornalista, di privare un cittadino della sua libertà digitale, è andato a buon fine. Oggi è toccato a me, domani potrebbe toccare a voi.

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