…E Penelope va. Alla riscoperta dei miti in chiave moderna

0 0

La paziente Penelope, stratega di attese e tessiture, opportunamente condensate in un letto e un telaio in scena, nella rivisitazione drammaturgica “Penelope – L’odissea è fimmina” della pluripremiata attrice e regista Luana Rondinelli, sempre attenta nelle sue opere all’universo femminile, ci racconta la sua odissea di donna succube del potere maschile, per poi sorprenderci con una decisione che ha un sapore nuovo, di verità e di libertà.

Sullo sfondo di un’isola, Itaca-Sicilia, che evoca e corrompe la mitica vicenda consegnandoci una Penelope mediterranea, rovesciando il classico finale e infittendo la leggenda di inserti coloriti del siculo idioma e di cambi repentini di registro, dal faceto al solenne, la Rondinelli convoglia argutamente umorismo e poesia in un ensemble vivace e coeso, teso alla ricostruzione di questo mitico personaggio femminile, qui tratteggiato con il peso di un dolore remoto, ma sempre vivo, del padre incestuoso che la teneva anche lontana dalle frequentazioni maschili, accanto al dolore presente della lunga attesa del marito.

Alternando la recitazione classica al linguaggio quotidiano che smorzano sapientemente la solennità dell’èpos, i costumi tradizionali ai sapidi en travesti delle Parche tessitrici, inquadrati efficacemente nella suggestiva, essenziale e simbolica scenografia di Vincenzo La Mendola, la vicenda si apre con l’annuncio in chiave comico-satirica dell’arrivo di un Ulisse poco regale, inselvatichito e maleodorante, per poi andare a ritroso, assumendo i contorni di un percorso iniziatico della dolce e succube, nonché inquieta Penelope, narrato dalla nascita fino alla pubertà, in un sapiente andirivieni tra passato e presente, fino all’arrivo dell’affascinante Odisseo, Ulisse, Nessuno, che farà capitolare la fanciulla, scardinando le sue riserve e impalmandola a dispetto del padre e delle resistenze della bella Penelope dal cuore ferito di figlia abusata, salvo poi abbandonarla al suo destino per vent’anni, tra guerre, tradimenti, sospirati ritorni. In scena solo donne o uomini in vesti muliebri. In “Penelope” come nelle precedenti drammaturgie della Rondinelli, di cui ricordiamo l’interessante “Taddarite”, le vere protagoniste sono le donne. Forti, passionali, carne-cuore-cervello (gli uomini sono solo ombre di voci o racconto), ruotano tutte intorno alla regina, in un pittoresco carosello di corpi, voci, canti, profezie, fili, infiorando il letto, dove giace l’afflitta, di pensieri nuovi, di risvegli della coscienza, di riconoscimento dei limiti, ma anche della scoperta delle possibilità che l’animo femminile custodisce nel morbido petto, a dispetto del potere maschile, che impone alla donna i suoi diritti arcaici senza alcun rispetto. L’attesa di Penelope, “cusi e scusi” della tela, per allontanare la sua capitolazione ai Proci, si anima all’annuncio del ritorno del regale marito, chiudendo il cerchio. Da qui in poi i fatti si discostano dal racconto di Omero dove l’incontro tra i due maturi sposi è differito in una pausa ricca di colpi di scena, agnizioni, strage dei pretendenti, fino all’atteso momento del ricongiungimento, una suspense degna di Hitchcock. Nella “Penelope” della Rondinelli l’attesa diventa un’occasione di evoluzione emersa tra gli affetti femminili delle ancelle, preziosi ma sulla scia della classica condizione subalterna, fino al brusco risveglio alla consapevolezza che Magnifica, una bizzarra mentore-profeta solleciterà indicandole la via del mare, in un gustoso contrappasso di sapore dantesco.

Le efficaci figure della pièce, dalla prorompente nutrice Euriclea di Laura Giordano alla delicata e solare Melissa di Giovanna Mangiù, alle calzanti Parche tessitrici en travesti di Giovanni Maria Currò e Mario Failla, all’ironica Parca e pittoresca Magnifica della stessa Luana Rondinelli, fanno da speziato contorno alla dolente e tormentata Penelope dell’intensa Ester Pantano, che con grazia muliebre e determinazione virile cercherà la via del riscatto, passando attraverso il superamento del dolore e dell’asservimento al potere maschile, meglio però, unico appunto alla pregevole rivisitazione, se non eccessivamente dichiarati, come in alcune scene della pièce. Il riscatto della condizione femminile è già un argomento più che trattato e sottolinearne didascalicamente in scena i presupposti indebolisce l’effetto dell’operazione drammaturgica, nell’insieme valida e godibile per l’abile “tessitura” registica, la forza del cast, e la pregnante scenografia, punti di forza dell’opera. Immaginare Penelope che veleggia sui mari, mentre Odisseo rimane a terra, fa sorridere e sognare un migliore destino per la più paziente…ma non troppo, delle donne. Per tutte le donne.

PENELOPE
L’odissea è fimmina

Testo e regia di Luana Rondinelli
Con Ester Pantano e Luana Rondinelli, Laura Giordani, Giovanna Mangiù, Giovanni Maria Currò, Mauro Failla.

La voce di Ulisse è di Luca Ward

Scene e costumi Vincenzo La Mendola
Musiche Francesca Incudine

Produzione:TDC Teatro della Città- Centro di Produzione Teatrale

Al Castello Ursino di Catania – Festival Internazionale Mediterrartè

…E Penelope va. Alla riscoperta dei miti in chiave moderna


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21