Salvini parla in nome dell’istituzione o da galoppino elettorale? Per di più ‘blasfemo’

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Ma davvero non esiste un codice comportamentale per un ministro? E pensare che qualcuno della maggioranza di destra vuole formalizzare una dichiarazione di ‘sacralità’  delle Istituzioni.  Qualche settimana fa, a Cagliari, era stato proprio don Luigi Ciotti a sostenere che le Istituzioni vanno rispettate proprio per il loro valore sacrale. Sì, proprio lui, ‘l’uomo in tonaca’ contro cui si è scatenata la violenza verbale di Salvini, credo nella veste ufficiale di Ministro delle Infrastrutture, ma con un linguaggio da galoppino elettorale in servizio permanente effettivo. Nessun rispetto per chi ha dedicato tutta la sua esistenza alla legalità, alla lotta alla mafia, all’educazione dei più giovani, sia con la creazione del ‘Gruppo Abele’, sia con la fondazione di ‘Libera’.  Per contro, Salvini a cosa sta dedicando la sua esistenza? A un’ossessiva ricerca del potere, non secondo i metodi tutelati e garantiti dalla Costituzione, ma con un’idea padronale che si sposa perfettamente con il governo del quale è anche vice primo ministro. Per cui, alla luce di quanto sta accadendo, e utilizzando lo stesso, ignobile criterio, di chi avremmo il diritto, da democratici, di chiedere ‘l’espatrio?’. Certo non di chi vive sotto scorta per il suo instancabile impegno contro criminalità e illegalità e per l’aiuto ai fragili, ai deboli, ma  di chi calpesta la Costituzione, di chi rifiuta di riconoscersi e riconoscere l’antifascismo scritto a chiare lettere nella Carta Costituzionale, di chi paga lautamente Stati privi di democrazia per far massacrare nei lager nordafricani i disperati che cercano in tutti i modi di arrivare in Europa, di chi non apre bocca contro i rischi delle infiltrazioni della nuova mafia ‘finanziarizzata’, come la definisce don Ciotti e che, proprio grazie a quel silenzio, certo non avrà mai bisogno di scorta.          Ieri Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera ha cercato di ristabilire una misura corretta del problema posto da don Luigi contro cui si è scatenata la volgare reazione di Salvini. E lo stesso don Ciotti si è rifiutato di replicare limitandosi a segnalare che siamo di fronte a ‘segnali inquietanti’.  E come interpretare, se non lo stesso modo, quanto accaduto a Roberto Saviano, con un’aggravante, credo. Qui ‘longa manus’ del padrone Salvini è diventata la Rai che ha vestito direttamente panni che non le competono, quelli del giudice di vicende su cui dovrebbe pronunciarsi la magistratura in un processo al quale Salvini si rifiuta di presenziare.  Durissima la dichiarazione che ci ha reso don Ettore Cannavera, amico personale di don Luigi, del quale condivide l’impegno operando a favore dei ragazzi devianti che ospita nella sua comunità di recupero ‘La Collina’ di Serdiana: “La reazione di Salvini sembra di chi sia stato colpito direttamente. L’uso blasfemo di croci e religione non basta a dargli dignità e soprattutto non gli dà il diritto di attaccare un uomo come don Cotti che ha dedicato tutta la sua vita alla Giustizia, il vero fondamento della religione, come scritto sia nel vecchio, sia nel nuovo testamento. E nell’impegno per la Giustizia don Luigi si è sempre battuto con rettitudine e per il bene delle persone più bisognose. Forse chi si è sentito tanto colpito dalla forte dichiarazione di don Ciotti ha la coda di paglia, visto che non può certo contrapporre il proprio modo di vivere a quello di don Luigi al quale voglio esprimere la mia più totale, convinta solidarietà”.  Allora, è o non è ora di dire ‘basta’? Di smetterla di essere tolleranti perché non si può più cercare di giustificare chi usa la parola come un manganello. Gli slogan non contrastati fanno morire la democrazia. Giuseppe Giulietti e tutti noi di Articolo 21 lo stiamo sostenendo ormai da tempo. Il rischio della memoria corta è altissimo. Chi ricorda più il La Russa dell’attentato di via Rasella, il Sangiuliano che arruola a destra Dante Alighieri, il Lollobrigida della ‘sostituzione etnica’, o la difesa a spada tratta di personaggi come Santanché e Delmastro, gli accomodamenti del codice penale progettati da Nordio. Quanto ci vorrà prima che, dimentichi di questa vergognosa affermazione di potere contro don Ciotti e Saviano, verranno giudicate come ‘voci dal sen fuggite’ le prossime esternazioni contro aspetti della nostra vita democratica?  ‘Grilli parlanti’, ‘Cassandre’, oppure democratici che si limitano a fare due più due su quel che accade? Quando le opposizioni politiche in Parlamento e fuori cominceranno finalmente ad aderire o a prendere in proprio quelle iniziative che su questo nostro sito stiamo sollecitando ripetutamente?


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