C’è posta per te. E parla del disastro della sanità in Lombardia

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Quando in casella ti arriva una lettera indirizzata a tuo padre morto da molto tempo ti viene un coccolone. Se hai fantasia pensi che sia una missiva spedita – come si legge nelle cronache locali – durante la guerra e perduta chissà dove. Niente di tutto questo: visto che la busta era intestata Regione Lombardia mi è scattato subito il nervosismo. E quando l’ho aperta è subentrata l’incazzatura. Perché questa lettera arrivata pochi giorni fa invita mio padre a “rinnovare la scelta del medico di famiglia”. Complimenti Regione Lombardia, patria dell’efficienza: mio padre è morto 22 anni fa e da molto prima aveva cambiato residenza spostandosi in un’altra regione.
Poteva finire qui, lanciare improperi all’indirizzo dei disastrosi gestori della sanità lombarda e buttare la lettera nel cestino. E invece no, perché forse qualche spiegazione questi signori dovrebbero darla. A me e ai cittadini come me. Perché mi devono spiegare come è possibile che una persona deceduta 22 anni fa risulti ancora nell’elenco degli utenti di un medico di base. Perché mi devono spiegare che database stanno consultando: quello di Tutankhamon? Perché mi devono spiegare – seppur si tratti di spiccioli – se il medico di base che mio padre dovrebbe cambiare dall’aldilà ha intascato la “quota” di un paziente deceduto da quasi un quarto di secolo.
Quando ho fatto girare la notizia sui social qualche utente mi ha dato spiegazioni su quanto potrebbe essere accaduto. Tutte molto plausibili: il sistema che registra i cambi di residenza non dialoga con il registro dei pazienti; se tutto è automatizzato e non c’è una correzione di un dato entro un certo tempo il sistema pensa che tutto sia ok; figurati se una persona in carne ed ossa può controllare tutto quello che gli passa davanti…
Grazie, grazie di tutte le spiegazioni. Ma le domande restano: una regione che si vanta – millantando – di una sanità efficiente non aggiorna i suoi database? Da quasi un quarto di secolo? E quanti errori e potenziali danni per l’erario potrebbero nascondersi dietro questa “distrazione”?
La Regione Lombardia – guidata da tempo immemorabile dalle destre – ha inglobato in un unico carrozzone dal nome Aria SpA la gestione degli acquisti di beni e servizi in nome dell’efficienza. Quel carrozzone che nel momento in cui c’era bisogno di agire ordinatamente sui vaccini antiCovid è andato in tilt ed è stato sostituito dal software di Poste Italiane.
E’ sempre Aria SpA che gestiva il sistema che gestisce le prenotazioni di visite ed esami diagnostici. L’assessore Bertolaso ha promesso di cambiare tutto con un centro unico di prenotazione da attivare nel 2023. Fatto? Mavalà: pochi giorni fa Bertolaso ha ammesso che non arriverà prima del 2024. Il leader dell’opposizione in Regione, Pierfrancesco Majorino ha ricordato che era una promessa di 7 anni fa. Non è strumentalizzazione politica: i sistemi informatici del pubblico e degli operatori privati non dialogano. Se a questo aggiungiamo un sistema premiale per le cliniche e penalizzante per gli ospedali pubblici si capisce perché le liste d’attesa in Lombardia sono insopportabilmente lunghe. Non per tutti: se paghi c’è posto già domani.
Ok, ma tutto questo c’entra con la lettera spedita a mio padre con qualche decina d’anni di ritardo? Continuo a domandarmelo. Una brava collega che di sanità lombarda sa tutto, Francesca Nava, qualche giorno fa ha trovato le parole giuste sul quotidiano “il Domani” per chiudere questo mio sfogo: “Il modello Lombardia – scrive Francesca Nava – è l’esempio, sempre più diffuso in altre regioni: dipartimenti di prevenzione svuotati di risorse e competenze per creare strutture “aziendalizzate” che non comunicano tra di loro. La prevenzione è decentramento istituzionale, è partecipazione, è controllo democratico. Averla falcidiata è stato fatale con la pandemia. Se il Servizio sanitario nazionale non funziona ne giovano sanità privata e “mutue” integrative. Anche per questo milioni di italiani non riescono più a curarsi”.


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