Ai traditori, rispondono le comunità

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Paolo Borrometi ha presentato il suo libro Traditori a Una Torre di libri nella “Capitale dei valdesi”, Torre Pellice in provincia di Torino

Perché tante stragi e delitti in Italia rimangono impuniti? La ricerca della verità è un percorso a ostacoli e in troppi casi, prima ancora di cercare i colpevoli, si è messa in dubbio la credibilità di chi accusava. È accaduto a Giovanni Falcone quando si disse che la bomba dell’Addaura l’aveva piazzata lui stesso e a Paolo Borsellino la cui agenda rossa, misteriosamente scomparsa, sarebbe stata un “parasole”. Don Diana? “Era un camorrista”. Peppino Impastato? “Un terrorista”.

«La lista dei nomi infangati per distrarre l’attenzione dai delitti è lunga. E la strategia ha un preciso nome in gergo, il “mascariamento”, ossia “sporcare qualcuno nell’onore e nella moralità”». Così ha ricordato il portavoce del Circolo Articolo 21 Piemonte, Gian Mario Gillio presentando al pubblico presente l’autore Paolo Borrometi.

L’occasione era infatti la presentazione del libro “Traditori – Come il fango e i depistaggi hanno segnato la storia italiana” a “Una Torre di libri” (kermesse libraria che si è chiusa oggi in Piemonte a Torre Pellice, in provincia di Torino e che è stata inaugurata lo scorso 8 luglio).

Il giornalista presidente di Articolo 21 liberi di… e condirettore dell’Agenzia di stampa Agi, Paolo Borrometi è stato accolto dal piccolo comune della Alpi Cozie lo scorso venerdì 14 alle 18.

«Quando sono sceso dall’auto – dopo aver percorso i luoghi storici e memore delle difficoltà che la minoranza valdese ha vissuto nella storia – devo ammettere che mi sono sentito a casa, un membro della vostra comunità», così ha esordito Borrometi e ha proseguito, «ho appena lasciato una famiglia, quella di Articolo 21 e mi ritrovo in un’altra, la vostra comunità. Le comunità come la vostra fanno paura ai “traditori”».

Articolo 21 liberi di… associazione nata grazie all’impegno di tanti giornalisti e che oggi vede al suo interno associazioni laiche e religiose, per i diritti umani, ha recentemente tenuto la sua Assemblea annuale presso la Casa internazionale delle donne a Roma per difendere la libertà di stampa e per ribadire che l’Italia fonda le sue radici negli ideali e nei principi sanciti nella Costituzione italiana e a quest’incontro si riferiva l’autore.

Per tornare alla presentazione e per far comprendere al pubblico gli effetti del “mascariamento” e guidare il pubblico presente tra trattative, storie di mafia mafia, politica e depistaggi è intervenuto in video Giuseppe Giulietti, già presidente della Federazione nazionale della stampa Italiana (Fnsi) e coordinatore nazionale di Articolo 21 ricordando che, «sin dallo sbarco degli alleati in Sicilia, per passare poi attraverso le stragi della strategia della tensione, dalla violenza ideologica degli anni settanta e ottanta, Paolo Borrometi, – ha detto Giulietti –  ha proposto nel suo volume – ben documentato e che lo ha impegnato per ben quattro anni -, un viaggio nella storia d’Italia, denunciandone i traditori, i criminali che seppero creare confusione nel Paese per raggiungere i propri interessi illegittimi. A discapito della verità».

Un «filo rosso, qualcuno direbbe nero – ha detto Borrometi –, che ha prodotto negli anni anomalie, depistaggi e buchi neri».

Un viaggio che il giornalista d’inchiesta ha fatto iniziare come si diceva, sin dallo sbarco “degli americani” in Sicilia nel 1943, per arrivare ai giorni nostri, passando per le bombe degli anni Settanta e la strategia della tensione: da Portella della Ginestra a via Fani, dall’Italicus al Rapido 904, da Bologna a Capaci e Via d’Amelio, fino all’arresto del latitante Matteo Messina Denaro. Proponendo così, una storia giornalistica potente di quello che ancora oggi possiamo chiamare il lato oscuro del nostro Paese.

«Coltivare la memoria è importante, necessario, fondamentale – ha proseguito Borrometi –, così com’è importante non lasciare mai soli coloro che si ribellano alle ingiustizie. Coloro che decidono di raccontare le periferie dimenticate. Coloro che portano avanti la professione all’insegna della costante ricerca di verità e giustizia. Nel mio piccolo tento di raccontare il nostro Paese, di illuminarne le incongruenze, i soprusi, il malaffare come quello delle agromafie. Senza mai sottovalutare gli intrecci tra la mafia e la politica. La solitudine – ha poi affermato Borrometi – è per il giornalista d’inchiesta il nemico più grande. In passato, attacchi e diffidenze mi hanno condizionato. Oggi, posso dire che i giornalisti italiani sono molto vicini al mio lavoro e sono un’importante scorta mediatica per tutti coloro che realizzano inchieste difficili e pericolose».

Non sono mancate le domande del pubblico sull’attualità: dall’arresto di Matteo Messina Denaro e al tema carceri sul tema della giustizia riparativa sino alla questione dei regimi carcerari come il 41 bis e il 4 bis.

Borrometi ha coinvolto con passione l’attento pubblico presente; oggi sotto scorta per i suoi reportage e le sue inchieste realizzate per smascherare i traffici mafiosi e le collusioni che le organizzazioni malavitose intrattengono con colletti bianchi e mondo della politica, Borrometi ha ricevuto un ringraziamento ufficiale dall’amministrazione comunale torrese, in particolar modo dall’assessora alla cultura Maurizia Allisio, che salutando l’autore ha voluto esprimere il suo sentito ringraziamento (anche) a nome personale, per il prezioso lavoro che Borrometi porta avanti. Infine, ha ringraziato le forze dell’ordine e gli uomini della scorta per il loro prezioso lavoro, che ovviamente erano presenti all’incontro di “Una Tore di libri”.     

foto Gabriele Nugara


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