“La mia voce per Assange”, Baschi e Articolo 21 continuano a difendere il diritto a essere informati

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Dopo l’incontro di venerdì dedicato alla strage di Ustica, il Festival dei diritti Umani di Baschi prosegue con “La mia voce per Assange”. In
collaborazione con il presidio orvietano di Articolo 21 si è approfondito con Vincenzo Vita, Flavia Donati e Guido Barlozzetti la vicenda di Julian Assange aprendo un dibattito più ampio sul ruolo dell’informazione. Non si può non essere solidali con Assange, sembra ovvio ma non lo è. E non e scontato nemmeno l’esito della vicenda”. Così apre l’incontro Barlozzetti, mettendo subito al centro l’importanza di continuare ad avviare iniziative per la liberazione di Assange, mobilitando l’opinione pubblica. “La vicenda si può prendere come il sintomo che non riguarda solo Assange, ma qualcosa di più grande che ha a che fare con la crisi di un modello di democrazia, la crisi dello stato di diritto che sta caratterizzando questo passaggio del mondo”. Wikileaks ha avuto origine da un progetto che intendeva lottare per il diritto di essere informati e Assange per il suo lavoro è stato arrestato nel Regno Unito nel 2019, cioè per aver reso pubbliche informazioni che sono di interesse pubblico. Da allora il governo degli Stati Uniti richiede l’estradizione per accuse di spionaggio e cospirazione. Se tutto ciò è avvenuto in modo legale è doveroso interrogarsi sul ruolo dell’informazione, richiedere la liberazione di Assange vuol dire lottare affinché l’informazione sia libera e riacquisti il suo ruolo di garante della democrazia. L’elemento rivoluzionario di Wikileaks esplicitato da Flavia Donati è quello di essere “una piattaforma internazionale che riceveva in modo criptato le informazioni vere, documentate” denunciando
comportamenti “non etici”. La piattaforma ha permesso di pubblicare in anonimato documenti secretati di carattere governativo o aziendale ricevuti da fonti in conflitto con la propria morale; quindi, prosegue Donati, Wikileaks “è nata per la consapevolezza che noi cittadini non conosciamo quello che succede. La motivazione non è lo scoop”‘ al contrario chi ha pubblicato le informazioni ha pagato di persona “per poter comunicare quello che stava succedendo”. Un ulteriore aspetto messo in luce da tutta la vicenda è che “tutti i crimini di guerra denunciati non sono stati trattati in nessun tribunale, ma il giornalista che li ha trattati si” In questo scenario non è prioritaria la verità, la consapevolezza della realtà, ma il dissimulare. raccontare ciò che si può conoscere e non ciò che è doveroso conoscere. L’esito è quindi punire chi lotta per questo scopo. Assange ora rischia di essere condannato in riferimento a una legge del 1917 e se questo avvenisse
sarebbe non solo la fine di una vita umana ma anche un ammonimento generale: chi mette il naso nel potere segreto, quindi nelle guerre, in Afghanista, in Iraq […] è colpito dal potere reale”, dichiara Vita. “‘Se si condanna Assange è condannato il diritto di cronaca. Il giornalismo d’inchiesta viene meno” Il giornalista ha però il dovere di fare un servizio se viene a conoscenza di elementi che hanno una
rilevanza pubblica Ci deve essere quella che Vita definisce “una controinformazione” in grado di “riprendere. rovesciandola quella stessa informazione che viene divulgata” costruire quindi un’alternativa partendo dai fatti. La vicenda da quando è iniziata ha coinvolto 4 paesi: Inghilterra, Stati Uniti, Australia, paese d’origine di Assange e la Svezia da cui tutto ha avuto inizio. E’ stato qui infatti che Assange è stato accusato inizialmente di violenza sessuale, un’accusa falsa che è stata infatti ritirata ma che ha avviato una macchina costruita per mettere un bavaglio all’informazione, e trovando nella figura di Assange un capro espiatorio. Sembra però aprirsi una luce in tutta questa vicenda oscura:”Il collegio di difesa ha annunciato che se si decidesse per l’estradizione, sarebbe pronta a ricorrere alla corte europea dei diritti dell’uomo. Sembra che si stiano compiendo azioni in grado di far smuovere i fatti, tra le ultime anche l’udienza concessa a Stella Moris da parte di Papa Francesco.
“Un’iniziativa da parte della Santa Sede è auguralmente in atto anche se l’effetto è sconosciuto”. In tutta Italia si continua a chiedere la liberazione di Assange anche con gesti simbolici ma allo stesso tempo concreti che portano vicinanza e solidarietà. Dalla settimana prossima potrebbe infatti arrivare in aula consigliare del Campidoglio la mozione sulla cittadinanza di Assange, un’azione avviata anche dal comune di Baschi come annunciato dal sindaco Damiano Bernardini.

Ciò che è avvenuto ieri al Festival dei Diritti Umani è la dimostrazione di come mettere in moto tali iniziative culturali siano fondamentali perché in grado di “rompere certi taboo e mettere il naso anche in certi modelli di informazione prevalenti”. L’opinione pubblica ha un valore e continuare a stimolarla muovendo coscienze permette di fare la differenza di agire concretamente anche di fronte alle ingiustizie. Creare consapevolezza e migliorare la propria comunità. La vicenda di Assange dimostra come nessun diritto concesso sia poi innegabile e che bisogna sempre lottare per un’ informazione libera perché “la trasparenza è condizione indispensabile per la democrazia”.

“Libertà per Julian Assange”.


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