Il depistaggio, un cancro dell’Italia

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Il depistaggio nel nostro paese è uno sport molto diffuso soprattutto quando si tratta di stragi compiute da neofascisti, ma non solo.

Quarantatré anni fa, esattamente il 27 giugno 1980 avvenne la strage di Ustica. Il DC9 dell’Itavia partito da Bologna per Palermo con 81 persone a bordo esplodeva in volo, i resti si inabissarono nel mar Tirreno. Immediatamente partì uno dei più clamorosi depistaggi per nascondere quello che anni dopo raccontò Francesco Cossiga, che al tempo ricopriva il ruolo di presidente del Consiglio, davanti ai magistrati: “L’aereo si trovò all’interno di uno scenario di guerra, per errore fu colpito da un missile”.

Dopo il recupero dei resti del DC9, poi trasportati a Bologna nel museo dedicato alla strage di Ustica, i periti hanno decretato che ad abbatterlo fu l’onda d’urto dell’esplosione di un missile vicino alla fusoliera. Questo ha smentito definitivamente la tesi dell’esistenza di una bomba all’interno dell’aereo e la pista palestinese dell’attentato. Dai documenti desecretati, per anni nascosti a chi indagava, sono apparse le tracce e le rotte degli aerei militari che quella sera si incrociarono sul cielo del Tirreno decollati dalla base francese di Solenzara (Corsica) e da una Portaerei, con l’unico l’obiettivo di abbattere un Mig libico che, dalle informazioni, avrebbe dovuto avere a bordo il dittatore Gheddafi. Purtroppo non si riesce a comprendere la paternità del traffico.

La Francia, sospettata di essere la responsabile dell’esplosione, ancora tace.  Alcuni documenti desecretati riguardano il rapporto tra il Sismi e l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), in particolare quelli tra il 1979 e il 1982, dove non si fa nessun accenno alla così detta “pista palestinese”. Qui entra in ballo anche la strage fascista della Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morti e 216 feriti), altro esempio di vergognoso depistaggio con tanto di condanne definitive agli ufficiali dei carabinieri e del Sismi Musumeci, Belmonte, all’agente segreto Pazienza e al capo della P2 Licio Gelli (successivamente condannato anche come mandante, finanziatore e organizzatore della strage con Ortolani, D’Amato e Tedeschi). Oggi che sulla strage del 2 agosto si conoscono i mandanti e gli esecutori materiali (ai neofascisti Mambro, Fioravanti e Ciavardini si sono aggiunti anche Cavallini e Bellini, quest’ultimi condannati all’ergastolo con sentenza di primo grado) è tornata fuori la pista palestinese, nonostante l’ormai famoso errore di annotazione della data fatto a suoi tempo dall’ex senatore del centro-destra Carlo Giovanardi che poté visionare i documenti segreti perché era in Commissione parlamentare Moro, in particolare in uno vi era la minaccia palestinese di dirottamento di un aereo dell’Alitalia a causa della risposta negativa di scarcerazione di Abu Saleh del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina, Giovanardi aveva annotato che il documento risaliva al 16 giugno 1980 in realtà la data giusta era il 1981.

Per non parlare dell’altra strage neofascista, quella di Brescia piazza della Loggia (8 morti e 102 feriti) del 28 maggio 1974. Recentemente l’allora diciannovenne fidanzata del neofascista Silvio Ferrari, al soldo dei servizi segreti, morto, qualche giorno prima della stage, per lo scoppio di una bomba che trasportava con la Vespa, ha rivelato di alcuni viaggi fatti con il fidanzato a Verona. Alla guida dell’auto che li accompagnava vi era l’appuntato Vittore Sandrini, fedelissimo del capitano dei carabinieri Francesco Delfino, per incontrare, in una caserma dei carabinieri, altri rappresentanti dell’Arma e alcuni neofascisti.

Quello che dovrebbe preoccupare tutti i cittadini che credono nella Democrazia e nella Giustizia è che alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni, negli anni hanno difeso l’esistenza della pista palestinese, più volte hanno tentato di far togliere dalla lapide, che ricorda la strage fascista di Bologna, la parola fascista, e ancora insistono in vista dei processi d’appello che riguardano Cavallini e Bellini.

Sono convinto che alla luce di tutti questi fatti e a ciò che sta accadendo per altri fatti a esponenti del Governo di destra destra, la presidente Meloni dovrebbe verificare prima di tutto se i suoi colleghi stiano rispettando l’articolo 54 della Costituzione, eventualmente trarne le conseguenze, in particolare nel punto in cui sta scritto:  “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.


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