Caro Nanni ti scrivo, così mi consolo un po’… Appunti sparsi sul “Sol dell’Avvenire”

0 0

Verrebbe voglia di scrivergli una lettera, al regista del Sol dell’Avvenire, quasi fosse una risposta all’accorato appello all’intelligenza collettiva contenuto nel suo ultimo imperdibile film. Gli darei del tu, anche se Nanni Moretti incute una certa soggezione, perché è lui che invita al dialogo in questo film, che tutto è tranne che un soliloquio; lo abbraccerei, per questo film più che per tutti i precedenti, per la spiazzante quantità di umanità appassionata che ci ha messo dentro; gli direi che il suo film nel film, o il suo film sui modi di fare film, appare subito come indispensabile, anche se prima di ora non sarebbe potuto essere nemmeno pensabile, per il tasso di apparente autoreferenzialità e per il modo di recitare spiazzante e innaturale del protagonista Giovanni, sempre un po’ distante se non quasi canzonatorio. Il maturo regista, sposato con una produttrice che segue, per la prima volta in decenni, anche un altro giovane regista, si mette in discussione davanti alla contemporaneità, insieme a ognuno di noi, un noi che forse non è di massa, ma è sicuramente e insindacabilmente collettivo. Con la cifra stilistica del filtro autobiografico, il film è una dichiarazione di amore per i film: citati, tra gli altri, i Blues Brothers, ma anche The Father con Anthony Hopkins, oltre a rimandi felliniani e ad altre opere morettiane, con sfilata finale ai Fori Imperiali di tanti personaggi protagonisti dei suoi film. Ma il film è, al tempo stesso, una commovente dichiarazione di perplessità nei confronti della società, del mondo dei media e del modo di guardare alla vita che fa prevalere quello che piace su quello che è giusto.

Lo straniamento metacinematografico è palpabile quando Giovanni critica ferocemente la violenza della scena finale girata in sua presenza dal giovane regista di successo che produce sua moglie, una Margherita Buy capace di accennare imbarazzo con una levità magistrale e di incarnare soavemente l’eterna pazienza necessaria nei confronti delle manifestazioni importune dell’ego ipertrofico del marito. Giovanni impone una pausa riflessiva prima del ciak finale, pausa lunghissima e apparentemente inutile, perché non impedisce che la scena venga girata, ma crea effettivamente uno scarto, un dubbio, una sospensione che non può lasciare indifferenti, nonostante l’inesorabilità di quel cinema “da botteghino” che il regista più maturo non capisce e non vuole capire.

Giovanni, dal canto suo, sta girando un film politico, ma sogna di fare un film d’amore con tante belle canzoni italiane, mentre una terza storia nella storia è quella dei due ragazzi innamorati che litigano, a un certo punto, a proposito dell’impegno da mettere nell’amore (cameo incastonato in un punto non centrale del film, ma capace di esprimere dolori e verità profondissime). Il film che Giovanni dirige si svolge nel 1956 e racconta di come il PCI di Togliatti non si dissoci dai carri armati dell’Unione Sovietica che invadono Budapest e della lotta che l’oscuro dirigente di un circolo romano (Silvio Orlando) e la sua intraprendente compagna (Barbara Bobulova) conducono contro la dirigenza nazionale; dopo una serie di confronti con realtà sulle quali non può incidere (tra cui la relazione che la giovane figlia intrattiene con un diplomatico molto più vecchio di lei) e una profonda crisi con la compagna di una vita che gli rivela di volerlo lasciare, il regista rivede il progetto iniziale e fa sì che la base, per una volta, vinca e convinca i vertici del PCI a una presa di distanza dal comunismo sovietico. E’ questa vittoria, che va di pari passo con la graduale consapevolezza della fallibilità delle proprie convinzioni, che commuove, mescolata con una colonna sonora carica di testi dotati di un senso. Giovanni sembra infatti chiedersi quanto peso dare alle parole (le stesse che in Palombella Rossa erano “importanti”), che possono pure essere “solo parole”, come canta Noemi, anche se poi ricorda alla sua attrice che “cambia tutto anche se cambi una sola parola”. Sembra allora che non esistano definizioni indiscutibili e valide per sempre e in ogni contesto: talvolta è necessario lasciare la presa delle proprie premesse, accogliere la realtà così come si presenta; per fare qualcosa cui tieni e che sia vivo e partecipe della realtà mutevole bisogna anche accettare di tradire qualcosa di se stessi. E’ una conquista della maturità che non ha nulla di rinunciatario o incoerente ma che, anzi, sa di radicalmente onesto, esprime un tipo nuovo, più evoluto, di forza e di tenacia. Nella danza iconica a braccia aperte sulle note di Battiato, che il cast ha riprodotto anche sul tappeto rosso di Cannes al termine della proiezione (applauditissima), è impossibile non vedere appunto quel mollare la presa, che si tratti di convinzioni artistiche o di rapporti intrappolati in cliché, quell’apertura a un’energia rinnovata, che consente di credere che le cose forse possano, ancora e nonostante tutto, cambiare, così come cambia il finale del film. “Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone – diceva Moretti in Caro Diario –. Anche in una società più decente di questa, mi sa che mi troverò a mio agio e d’accordo sempre con una minoranza.” Pochi ma buoni, pochi ma danzanti, pochi ma capaci di comunicare e di accettare il diverso da sé. Pochi ma capaci di cambiare se stessi prima di pretendere di cambiare tutti gli altri. Pochi ma forse non così pochi, solo, troppo spesso, invisibili ai più.

Un film da vedere e rivedere.

IL SOL DELL’AVVENIRE

Lingua originale italiano
Paese di produzione Italia, Francia
Anno 2023
Durata 95 min
Rapporto 1,85:1
Genere commedia, drammatico
Regia Nanni Moretti
Sceneggiatura Francesca Marciano, Nanni Moretti, Federica Pontremoli, Valia Santella
Produttore Nanni Moretti, Domenico Procacci
Casa di produzione Sacher Film, Fandango, Rai Cinema, Le Pacte
Distribuzione in italiano 01 Distribution
Fotografia Michele D’Attanasio
Montaggio Clelio Benevento
Musiche Franco Piersanti
Scenografia Alessandro Vannucci
Costumi Silvia Segoloni
Interpreti e personaggi
  • Nanni Moretti: Giovanni
  • Margherita Buy: Paola
  • Silvio Orlando: Ennio Mastrogiovanni
  • Barbora Bobulova: Vera
  • Mathieu Amalric: Pierre
  • Jerzy Stuhr: Jerzy
  • Teco Celio: Psicanalista
  • Valentina Romani: Emma
  • Arianna Pozzoli: Arianna, l’aiutoregia
  • Giuseppe Scoditti: il giovane regista
  • Flavio Furno : Edoardo
  • Elena Lietti: Executive Netflix
  • Blu Yoshimi: Attrice
  • Sun Hee You: Interprete
  • Renzo Piano: se stesso
  • Chiara Valerio: se stessa
  • Corrado Augias: se stesso
  • Giulia Lazzarini: se stessa
  • Alba Rohrwacher: se stessa
  • Jasmine Trinca: se stessa
  • Lina Sastri: se stessa
  • Anna Bonaiuto: se stessa
  • Renato Carpentieri: se stesso

Caro Nanni ti scrivo, così mi consolo un po’… Appunti sparsi sul “Sol dell’Avvenire”


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21