andy rocchelli e l'attivista ucraino mironov

Sull’uccisione di Andrea Rocchelli e Andrei Mironov. Dai radicali ancora un esercizio di distorsione della verità

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Dopo la incredibile missione a Kiev dei radicali italiani e il loro incontro con Markiv, la famiglia di Andrea Rocchelli ci ha inviato una lettera di replica che volentieri pubblichiamo, condividendone integralmente il contenuto. 

Evidentemente il tempo non porta consiglio e i radicali italiani a margine del recente incontro a Kiev con il miliziano ucraino Vitaly Markiv esibiscono ancora una volta la loro cronica superficialità sul tema e tornano a vantare le loro benemerenze per la «campagna politica di denuncia delle influenze russe sull’opinione pubblica italiana e sullo stesso sistema giudiziario»– scrivono nel loro sito il 23 aprile 2023-  sistema giudiziario che in primo grado condannò Markiv «sulla base di un teorema palesemente falso».

Mai è stata prodotta dai radicali prova alcuna delle presunte «influenze russe» e del tutto gratuita è la denigrazione della magistratura italiana, attiva nel giudicare le responsabilità dell’uccisione di Andrea Rocchelli e Andrei Mironov, e cioè due diverse corti, d’assise a Pavia e d’appello a Milano.

Quanto al «teorema», basta uno sguardo alle motivazioni della sentenza emessa dal tribunale d’appello di Milano, nel febbraio 2021, per avere conferma della ribadita responsabilità dei militari ucraini nella uccisione di Andrea Rocchelli e Andrei Mironov. La sentenza, che è un atto pubblico, accessibile a tutti, emessa in nome del popolo italiano, non ribalta affatto la ricostruzione dei fatti, ma certo va letta, se si vuole in buona fede parlare o scrivere di questo caso.

Ad esempio a pag.58 si legge: « La ricostruzione dei fatti, così come emerge dalle prove processualmente utilizzabili e dalle considerazioni svolte […] porta questa corte a concordare con le conclusioni della Corte d’appello di Pavia, in merito alla tipologia e alla provenienza dei colpi che hanno ucciso Rocchelli e ferito Roguelon: e cioè dei colpi di mortaio o artiglieria pesante sparati dalla collina del Karachun ad opera dei militari dell’Armata Ucraina, in direzione del fossato ove erano nascosti i fotoreporter» e nella pagina 59 si conclude: «Si è trattato quindi di un ordine illegittimamente dato dai comandanti, perché in violazione delle norme che mirano alla protezione dei civili ed eseguito dai militari della Guardia Nazionale e dell’Esercito appostati sulla collina».

L’assoluzione dell’imputato non ha quindi sanato un errore giudiziario, ma un errore procedurale che la Cassazione ha confermato. Nel processo di secondo grado si è rilevato infatti che alcune testimonianze, in parte proposte dalla difesa, di commilitoni o superiori militari dell’imputato sono state acquisite senza che venisse pronunciata la formula di rito che avvertiva i testimoni della possibilità di essere considerati correi (come per Berlusconi nel Ruby ter!).

La corte d’appello ha quindi deciso di eliminare queste testimonianze che chiarivano il ruolo e la posizione dell’imputato facendo decadere “l’ogni ragionevole dubbio” sulla corresponsabilità dell’imputato.

L’ordinamento penale italiano è fortunatamente garantista e “pro reo” quindi l’imputato è stato liberato.

Non può non stupire che in questa vicenda i radicali parlino di un «incontro emozionante» con il miliziano assolto e non provino alcuna emozione  per il duplice omicidio, un crimine di guerra, che da nove anni è  in attesa di giustizia. Vale la pena di ricordare che l’attacco deliberato di cui furono vittime Andrea e Andrei durò dai 35 ai 40 minuti utilizzando tipologie d’armi diverse, non si trattò dell’attacco estemporaneo di un cecchino ma fu l’azione coordinata dai responsabili  – Matkiwski per la Guardia Nazionale  e Zabrodskyi per l’esercito-  attuata con accanimento e con lo scopo di non lasciare vivo nessuno. Tutti i testimoni (proprio tutti, anche quelli che successivamente cambiarono versione) hanno concordato subito sulla versione dei fatti. L’individuazione dei comandanti responsabili è stata ardua a causa della omertà e dei depistaggi delle autorità ucraine ed è avvenuta durante le fasi processuali.

Un Paese amico, verso cui l’Italia si è schierata con concreta solidarietà fin dall’inizio della sciagurata invasione russa, dovrebbe sentire il dovere di processare i  responsabili di crimini di guerra, anche i  responsabili di casa propria. La scelta delle autorità competenti ucraine di tacere dapprima, poi di negare ed infine, dopo la condanna di Markiv, di aprire una campagna di mobilitazione mediatica per contrastare la verità e costruire una narrazione autoassolutoria, è sin qui andata nella direzione opposta. Che poi un partito italiano la fiancheggi appare persino incredibile.

La famiglia di Andrea Rocchelli


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