Quel presidio civile in piazzale Clodio, nel nome di Giulio

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Sono passate da poco le 9 quando davanti all’ingresso principale della Cittadella giudiziaria di Roma arrivano Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio che non si arrendono alla lentezza della dei Tribunali e men che meno all’ostracismo del regime egiziano. In piazzale Clodio c’è una piccola folla che li attende, molti sono giornalisti, altri sono attivisti, altri sono “semplici” cittadini che credono nella necessità di arrivare alla verità sulla morte del ricercatore avvenuta in modo violento in Egitto ormai sei anni fa. Il procedimento penale a carico degli indagati per le torture stenta a partire perché finora è stato impossibile notificare gli atti di garanzia come previsto dal codice di procedura penale italiano.”Aspettiamo cosa dirà il capo dipartimento per gli Affari della Giustizia Nicola Russo. – dice l’avvocato della famiglia, Alessandra Ballerini – Russo riferirà del suo viaggio al Cairo e della tangibile non collaborazione dell’Egitto. Forse è possibile un rinvio in attesa delle motivazioni della Cassazione”. A luglio scorso, come si sa, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura di Roma contro la sospensione del processo agli 007 egiziani. E’ una storia umana e processuale che fino ad oggi è andata avanti tra grandi difficoltà, ma quella piccola folla davanti al Tribunale è la prova che si può e si deve andare avanti. Il sit in organizzato da Articolo 21 insieme alla Fnsi e all’Ordine dei Giornalisti vuole tenere accesi i riflettori per evitare l’oblio, comodo, che invece cercano i colpevoli. “Noi saremo di nuovo qui e ovunque vorranno i genitori di Giulio – dice il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti – e non consentiremo che l’oscurità avvolga questo caso. Continueremo a cercare verità e giustizia insieme alla famiglia Regeni”. Poco prima delle 10 inizia l’udienza. Il presidio civile resta lì, su quel piazzale, nel via vai caotico di avvocati, clienti, periti,testimoni. Accanto allo striscione giallo “Giulio siamo noi”, divenuto da tempo un simbolo in tutta Italia, ci sono gli onorevoli Gianni Cuperlo e Aboubakar Soumahoro, unici due politici presenti in quello che è un appuntamento che invoca giustizia per un cittadino italiano e, in definitiva, rispetto per tutto il Paese. “E’ doveroso essere qui – dice Aboubakar Soumahoro – e continuerò a seguire questo caso perché mi sembra assurdo non poter rintracciare le persone che sono state individuate come coinvolte nel delitto”. “Penso sia importante testimoniare vicinanza alla famiglia Regeni – commenta Gianni Cuperlo – e credo che il Governo e il nostro Paese debbano fare del tutto per accertare la verità”. “Essere qui è un modo per stare accanto alla famiglia Regeni e alla memoria di Giulio e a tutti i Giulio del mondo, perché questa non è una storia fine a se stessa, pure gravissima, bensì riguarda i diritti civili e la libertà di tutti”, ha affermato il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine del Giornalisti, Carlo Bartoli. “Resta forte l’impegno per Giulio – ha detto ai giornalisti Luigi Maria Vignali della direzione generale per gli italiani all’Estero del Ministero degli affari Esteri – non è una battaglia solo per questa situazione ma per tutte le situazioni analoghe nel mondo”. Insomma Giulio questa mattina era il simbolo di tutti i giornalisti e gli osservatori che vengono sistematicamente imprigionati, torturati, perseguitati e uccisi in tanti, troppi, regimi lasciati liberi di violare i diritti umani senza dover dare troppe giustificazioni. E senza pagare per le violazioni gravi di cui sono capaci.
“Ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna risposta dall’autorità egiziana a seguito delle richieste di informazione sulla domiciliazione dei quattro indagati”. Sono state queste le parole di Nicola Russo in aula davanti al Gip del Tribunale di Roma. Era ciò che si temeva. “L’ultima richiesta in ordine di tempo risale al 6 ottobre scorso”, ha aggiunto Russo, chiarendo che l’Egitto “non ha risposto neanche alla richiesta di incontro arrivata dalla ministra Marta Cartabia”. Il procedimento resta sospeso e il giudice ha aggiornato l’udienza al 13 febbraio 2023.


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