3 ottobre. Nove anni dalla tragedia di Lampedusa. Un anniversario tra diritti calpestati e speranza di futuro

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Tra diritti calpestati e speranza di futur

di Elena Dragan
Tra il dire e il fare di solito c’è di mezzo il mare. Oggi invece c’è stato il bosco. Quello che termina con uno scosceso sentiero all’altezza del cimitero di San Dorligo della Valle/Dolina, nei pressi di Trieste, e che rappresenta uno dei tratti finali della Rotta balcanica. Migliaia di chilometri che si snodano dall’Afganistan, Pakistan e Bangladesh attraversando Iran, Iraq e Siria, Turchia, Grecia, Bosnia, Croazia, Slovenia e infine Italia. E il viaggio può essere ancora lungo e incerto, per chi decide di proseguire verso Francia, Germania o Nord Europa.
Un folto gruppo di persone provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia si è ritrovato oggi proprio all’imbocco di questo sentiero per percorrere insieme alcuni chilometri a ritroso. Calpestare quegli stessi sassi e rami che ogni giorno, da anni, migliaia di persone migranti hanno già calpestato e continueranno a calpestare. Perché alle guerre e alle violenze si aggiungono ora le ragioni climatiche e 200 milioni di persone hanno necessità di migrare per non morire. Non saranno i muri di parole e di cemento a fermare la Storia. Potranno solo renderla più aspra e ingiusta di quanto già non sia.
Il 3 ottobre, anniversario della strage di Lampedusa, si celebra la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, istituita dal Parlamento con la legge 45 del 2016: quest’anno il Friuli Venezia Giulia e in particolare la zona del confine italo-sloveno nei pressi di Trieste sono state individuate come sede nazionale delle iniziative e anche il Convegno per il trentennale del Centro Balducci di Zugliano, che si è svolto dal 29 Settembre sotto la nuova presidenza di don Paolo Iannaccone, ha scelto di concludere i suoi lavori con quest’iniziativa così concreta.
L’elemento che ha colpito molti dei partecipanti è stato proprio quello del fare. Le parole sono importanti per conoscere e comprendere, ma camminare su questo ultimo tratto della rotta balcanica è stata una esperienza forte che non dimenticheremo. Il sindaco di San Dorligo/Dolina, Sandy Klun, nell’accogliere e guidare l’iniziativa sul territorio comunale, ha offerto guanti e grandi sacchi di plastica per aiutare a raccogliere lungo il sentiero quello che i migranti lasciano alle soglie dell’ingresso in Italia. Sono zaini, calze, pantaloni e felpe ormai logori, che vengono sostituiti con abiti nuovi. Il costoso viaggio pagato ai passeurs per fuggire dai propri Paesi può prevedere anche un nuovo abbigliamento, forse per cercare di non essere immediatamente identificati. E quanti documenti stracciati abbiamo trovato. Sono le testimonianze di un’identità che si vuole rinnovare. Per provare a essere persone con diritti. Quelli che sono stati spesso calpestati anche dal nostro Governo, come ha ricordato Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà, nell’introdurre il senso di questa marcia di solidarietà e compartecipazione. Prendere in mano gli indumenti inzuppati dalla pioggia è stato un elemento molto concreto per avvicinarsi all’esperienza devastante della migrazione forzata di tanti giovani adulti.
Passano dal nostro confine anche alcune famiglie con bambini piccoli. E molti minori non accompagnati. Per questi ultimi il diritto internazionale e le nostre stesse leggi prevedono la nomina di un tutore. Una rarità nella nostra Regione. Per informare e sollecitare la popolazione, il progetto Never Alone Tutori FVG, di cui è capofila l’Istituto don Calabria, organizza degli incontri in Regione. I prossimi appuntamenti si terranno giovedì 6 ottobre alle 18.00 a Trieste presso lo spazio KNULP di via Madonna del Mare 7a e venerdì 7 ottobre alle 20.45 presso Cinemazero di Pordenone.


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