I propositi di revisione costituzionale alla luce del voto su Orban

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Il voto del parlamento europeo sul presidente magiaro ci rimbalza le dissonanze che dividono i nostri partiti sui temi costituzionali e sulla stessa idea di democrazia: un aspetto non secondario , alla luce dei diffusi e confusi propositi di revisione costituzionale dei vincitori delle elezioni. Intorno all’ inizio degli anni ’90, alcuni eventi convergono nell’incrinare la massiccia compattezza delle nostre formazioni politiche ( con l’unica esclusione del Movimento sociale ) intorno alla Costituzione repubblicana. Nell’ordine, la caduta del muro di Berlino; i referendum promossi e vinti da Mario Segni; l’azione della procura milanese contro la corruzione politica portano alla dissoluzione dell’ intera area politica che governava il paese intorno alla democrazia cristiana da un quarantennio , e all’acquisizione, praticamente in saldo, della maggioranza di quegli elettori da parte del geniale imprenditore che fino ad allora corteggiava la politica per la tutela dei propri interessi .

Il trionfo alle elezioni del 1994 avviene grazie alla singolare alleanza di Forza Italia con due partiti, tenuti all’oscuro della reciproca presenza nella coalizione. Per inciso: particolare da ricordare a chi imputa al sistema parlamentare l’ipocrisia di non dare un vincitore chiaro alle elezioni . Il pragmatismo di Silvio Berlusconi (secondo inciso: lo scostamento integrale, il rovesciamento provocatorio dal modello di partito delineato dall’articolo 49 della Costituzione), impone alcune deviazioni dai canoni costituzionali , e produce il paradosso, se non l’ossimoro, di una costituzione materiale praticamente incostituzionale. Primo obiettivo , concentrare la potenza fino ad allora assoluta del parlamento nel governo , che proceda, senza intralci , controlli e formalismi, come un’attività di impresa. Una rivoluzione che lascia intatto il testo della Costituzione.

La stagione che segue segna un’esposizione crescente, e forse ancora in parte sommersa, alla figura del capo dello Stato. La politica legislativa del governo Berlusconi incontra l’unico vero ostacolo nella funzione postparlamentare di promulgazione del capo dello Stato, fino ad allora controllo di routine. Dalle Camere giungono al vaglio del promulgatore leggi prive di indirizzo generale, pensate per sciogliere nodi di carattere giudiziario, o fiscale, o imprenditoriale, comunque personali, del capo del governo . Una partito personale partorisce una legislazione personale . La concentrazione in uno stesso soggetto di funzioni che la democrazia esige separate e plurali segue la stessa logica. I legali del capo del governo vengono eletti alle camere in costanza di mandato difensivo, messi a presiedere le commissioni legislative laddove serve, con spregio e sfregio del principio della separazione dei poteri ( nelle valutazioni dei dirigenti del centro destra, con esclusione di Forza Italia, sulla democraticità del leader magiaro, ritroveremo questo stesso limite , la esaustività del momento elettorale per la validazione di una democrazia). Le prerogative del nostro capo dello Stato in tema di formazione del governo vengono minate in via teorica teoricamente dal vincolo legislativo di indicazione nelle liste elettorali del candidato alla guida del governo; nella pratica, con manifestazioni di protesta avverso la formazione di governi condotti al voto di fiducia dalla regia del Quirinale. Le dissonanze toccano la seconda parte della Costituzione, il cuore del nostro sistema. E sembrano non preoccupare nessuno, nemmeno in prospettiva di una revisione costituzionale.

Con il tempo (e con l’acquiescenza dei partiti che affondano le radici nella Carta), la contestazione di alcuni dei fondamentali principi costituzionali sfigura forma e contenuto dei partiti politici , diventati centri di interesse di persone o di gruppi, senza alcuna missione collettiva; lo stesso avviene con riguardo al carattere generale del mandato parlamentare, privo di vincoli. Parlamentari reclutati con logica aziendale , in dispregio di ogni principio di sovranità popolare , privi di identità politica , diventano liberi di muoversi in quel particolare e prosperoso mercato del lavoro che sono diventate le due camere. Unico deterrente di cui sono capaci le forze politiche, tutte, l’ irrogazione di sanzioni dissuasive : dove sta il rispetto della Costituzione?

Nessuno prospetta oggi un esame del grado di applicazione alla Costituzione, per il superamento della stessa. Il Parlamento occupato dai governi , tutti : basta inviare da palazzo Chigi a Montecitorio o palazzo Madama l’orrore di un maxiemendamento di mille commi per un solo articolo , in violazione sfacciata di un altro articolo, 72 Cost.,per paralizzare l’attività legislativa delle camere , riducendola ad una girandola di voti di fiducia che inibiscono pronunce di merito. Nel frattempo , la legislazione degrada oltre ogni limite, e i parlamentari animano una funzione vuota, inutile.

Basterà , questa descrizione davvero sommaria e incompleta, unita al ricordo della recente , sadica, immotivata amputazione delle due camere, come monito e test di idoneità dei partiti di oggi, ai vincitori di oggi, al ruolo di nuovi costituenti ?Potesse parlare, la nostra Costituzione chiederebbe di essere riportata al rispetto dei suoi reali principi , e semmai poi avviata ad un procedimento di revisione possibilmente collegiale e collettivo .

montesquieu.tn@gmail.com


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