Da Giannini a Marilyn, l’estate della bellezza

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Ottant’anni per Giancarlo Giannini, e sinceramente ci inchiniamo di fronte a tanta grandezza. Grazie per tutta la meraviglia che ci ha regalato, grazie per le sue interpretazioni indimenticabili, grazie per la sua duttilità, grazie per essere stato uno dei simboli della commedia all’italiana, capace tuttavia di interpretare al meglio anche ruoli drammatici, accompagnando la crescita culturale del Paeese e favorendo la nascita di una coscienza civica. Ottant’anni e non possiamo fare altro che rivedere i suoi film e prendere atto di essere al cospetto di un gigante, consacratosi grazie all’intelligenza visionaria di registi come Ettore Scola e Lina Wertmüller, i quali intuirono all’istante di avere di fronte un personaggio in grado di segnare un’epoca. Così è stato, e oggi film come “Dramma della gelosia” e “Mimì metallurgico ferito nell’onore” costituiscono delle autentiche pietre miliari della nostra cinematografia.
Un pensiero, a sessant’anni dalla scomparsa, non può che andare, poi, a Marilyn Monroe, l’icona di un’epoca, il simbolo di una certa America, protagonista della stagione kennediana, nei suoi aspetti più frivoli e discutibili, ma anche straordinaria attrice, in grado di interpretare non solo la parte della bellissima ma anche quello, ben più difficile, della personalità malinconica. Del resto, la vita di Marilyn non è stata facile fin dall’inizio. La sua prorompente bellezza è sempre stata per lei croce e delizia, costringendola a subire uno sfruttamento intollerabile e una costante violazione della propria dignità. Non è stata amata: quasi sempre ha subito soprusi che ne hanno minato l’autostima e ferito l’orgoglio. Ci ha detto addio a soli trentasei anni, in circostanze misteriose. A modo suo, costituisce il volto più autentico di una Hollywood che non è mai stata la fabbrica dei sogni che vogliono farci credere bensì un luogo feroce, in cui si aggirano per lo più personaggi senza scrupoli, in cui non c’è rispetto per la fragilità umana, in cui il profitto viene prima di tutto e conta più di ogni altra cosa. Possiamo dire, dunque, che Marilyn sia stata, al tempo stesso, un esempio e una vittima sacrificale del ” sogno americano” e delle sue innumerevoli storture. Controversa e triste, si è goduta ben poco di un’esistenza che non è stata certo avara di sofferenze, condannandola a fare i conti con la malvagità nelle sue molteplici sfaccettature e rendendole impossibile essere veramente felice. La sua canzone augurale rivolta al presidente Kennedy è indicativa del suo dramma e di quanto il suo trovarsi costantemente sotto i riflettori l’abbia sostanzialmente rovinata, impedendole di accedere alla normalità di cui avrebbe avuto bisogno e che ha disperatamente cercato prima di essere inghiottita dalla sofferenza di una quotidianità fatta di ipocrisia, falsità e mancanza della benché minima autenticità. Aveva solo trentasei anni quando ci ha detto addio. Da quel momento in poi, il suo nome è leggenda.
Sono scomparse, inoltre, due icone della cultura italiana, due personalità che ci mancheranno molto. Luca Serianni, investito nella sua Ostia all’età di settantaquattro anni, lascia un vuoto incolmabile nel panorama accademico del nostro Paese. Pietro Citati, a sua volta, era un maestro e un punto di riferimento. Aveva novantadue anni e gli dobbiamo la conoscenza di alcuni dei più grandi narratori di tutti i tempi, a cominciare da Tolstoj, cui dedicò un libro che nel 1984 venne insignito con il Premio Strega.
Compie, infine, ottant’anni Isabel Allende, forse la massima scrittrice vivente. C’è poco da aggiungere sul suo conto. Rappresenta una personalità poliedrica, una figura speciale, un’autrice la cui potenza narrativa è senza eguali, la degna continuatrice del filone sudamericano che ci ha regalato un nuovo immaginario, portandoci a contatto con una cultura assai diversa dalla nostra e, proprio per questo, straordinariamente affascinante.
Nel disastro del mondo, occuparci di questi argomenti rappresenta una boccata d’ossigeno. Ci dà,  infatti, la sensazione che un altro mondo sia ancora possibile, che un minimo di umanità sia rimasta nonostante tutto e che attraverso la cultura, l’arte e la conoscenza si possa costruire, comunque, qualcosa di importante. Non è poco. Anzi, diciamo che di questi tempi è quasi tutto.

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