Un modo attuale ed efficace per aiutare i rifugiati: come fare testamento in favore dell’UNHCR

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L’aggressione della Russia all’Ucraina ha determinato una situazione di grave disagio e sofferenza per la popolazione coinvolta ed ha ulteriormente messo in evidenza l’importanza dell’azione svolta dalle organizzazioni umanitarie in soccorso di migliaia di persone in pericolo. Fra queste l’UNHCR, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che da anni provvede ad aiutare le migliaia di uomini, donne e bambini che in ogni angolo di mondo sono costrette ad abbandonare la casa, il lavoro, lo stesso paese in cui sono nati per sottrarsi a pericoli mortali. Come le altre organizzazioni mondiali, anche l’UNHCR vive del contributo in danaro offerto da chi ne condivide gli scopi altamente umanitari. Oggi la beneficenza si fa in vari modi: se si tratta di pochi spiccioli anche attraverso una telefonata da cellulare o da numero fisso. Per cifre più consistenti si può ricorrere al bonifico bancario, ma un metodo ancora più valido, ai fine di offerte più importanti, è quello del lascito testamentario. In questi giorni l’UNHCR ha inviato a tutti suoi sostenitori un opuscolo nel quale sono indicate le modalità per accedere alla nuova forma di contribuzione volontaria. La cosa, ovviamente, riguarda le persone non solo sensibili alle finalità umanitarie dell’organizzazione, ma anche dotate di un congruo patrimonio che al termine della propria esistenza in vita intendono destinare ad azioni benefiche. E’ la nuova frontiera della beneficenza a favore di un’organizzazione internazionale, come l’HNHCR, che dà le massime garanzie di risultato.

Da sempre, in verità, in vista della fine su questa terra, le persone ricche ma anche generose hanno nominato nel testamento beneficiari di loro fiducia. Fra i più famosi, Giuseppe Verdi, morto nel 1901, che, oltre al fabbricato intero dell’” Opera Pia Casa di Riposo dei Musicisti” che fece costruire a Milano, lasciò in beneficenza, si legge nel suo testamento, anche “tutti i diritti d’autore in Italia e all’estero di tutte le mie opere, il pianoforte di grande formato Erard che trovasi nel mio appartamento di Genova, la mia spinetta che trovasi a Sant’Agata, le mie decorazioni, i miei ricordi artistici”.

Non meno munifico il primo presidente della Repubblica Enrico De Nicola, morto nel 1959, che per testamento lasciò ingenti somme di danaro all’Albergo dei Poveri, all’Ospizio dei Fanciulli di Portosalvo e al Monte di Pietà di Napoli, con l’impegno per quest’ultimo di provvedere alla “spegnorazione in favore degli intestatari di biancheria e indumenti”. Chi nella Napoli del dopoguerra spinto dalla miseria si era impegnato anche la camicia e le lenzuola del letto, grazie a De Nicola, poté riaverle indietro senza pagare pegno.

Perfino Papa Giovanni  XXIII, (si sa che i pontefici dell’era moderna nulla posseggono di materiale se non gli effetti personali e qualche libro) morto nel 1963, fece testamento per lasciare “ai poveri  nei limiti del possibile e del conveniente una porzione che sarà bene fissare subito nella liquidazione della mia povera  eredità e consegnata alla Curia Vescovile di Bergamo a vantaggio dell’Asilo  Infantile di Sotto il Monte che in unione con il benemerito parroco don Giovanni Birolini procurai sempre di beneficiare secondo la pochezza delle mie risorse e che mi stette soprattutto a cuore. E’ dall’asilo che comincia la benedizione di una parrocchia”, concludeva il suo testamento il “Papa buono”, com’era chiamato.  Ed è dal testamento che può cominciare l’atto finale della caritatevole solidarietà: basta pensarci in tempo e scrivere in poche righe a chi destinare quanto rimane dei nostri beni. Il testamento si dà al notaio che ne è il garante difronte alla legge e il tramite fra chi muore e chi eredita.

Per illustrare le modalità del lascito testamentario a beneficio di enti pubblici, come appunto l’UNHCR, è uscito di recente un libro dal titolo significativo: Essendo capace di intendere e di volere, edito da Sellerio, di cui è autore il notaio Salvatore De Matteis, che riporta le considerazioni di chi ha fatto un lascito testamentario a favore del comitato dell’Onu. Si legge nell’introduzione: “Hanno trasmesso prima e più che dei beni materiali il proprio impegno i valori e i sentimenti che hanno guidato le loro azioni”. E prosegue: “Un lascito ad un’organizzazione umanitaria nel cui impegno ci si riconosce diventa l’opportunità di ribadire le scelte che hanno fatto di noi la persona che siamo e che vogliamo sia ricordata”.

Racconta il notaio Francesco P. “Capita spesso di leggere testamenti che contengono rimproveri o lamentele. Sapeste quanto imbarazzo proviamo noi notai a leggerli ai parenti del defunto. Quanta soddisfazione, invece, quando il testatore si concentra sui bisogni degli altri”.

Osserva l’avv. Filippo Crippa Sardi: “Ci vuole coraggio a fare testamento. La paura della morte è uno degli ultimi tabù della nostra civiltà. Eppure, disporre per l’avvenire è un’attività molto importante, perché permette di lasciare qualcosa di noi a chi ancora percorre le strade di questa vita”. Ecco alcune testimonianze raccolte fra i sostenitori dell’UNHCR: “Mi sono spesso ritrovata a pensare che il divario fra la mia vita e quella di chi vive guerre e violenze, ed è per questo costretto a scappare, è enorme. Io conduco un’esistenza modesta ma sicuramente almeno in parte garantita. Mentre i rifugiati possiedono soltanto la loro terribile condizione”. (dal testamento di Patrizia C.).

“Ho sempre risparmiato pensando alla vecchiaia: una parte di quello che resterà dopo che non ci sarò più potrà servire a continuare quello che facevo e aiutare ancora chi ha bisogno. Ho deciso di sostenere l’UNHCR perché svolge una funzione missionaria, aiuta chi non ha più niente, e per me era importante che non fosse di parte, sia politicamente sia religiosamente, l’impegno deve essere per tutti indipendentemente dalla provenienza, dalla razza, dalla fede e dalle idee”. (dal testamento di Rita P.)

“Vi lascio in parti uguali il parco e la mia panchina preferita, i ponti, gli alberi con gli uccelli e il fiume così come li ereditai da Dio. Vi lascio la città con i suoi giocattoli e le persone che vi corrono dietro…”. (dal testamento di Anonimo). “E’ stato dopo la morte di mio marito Marco, il giorno di Natale del 2019, che ho deciso di scrivere un nuovo testamento e ho voluto legarlo anche a tre associazioni che si occupano dei meno fortunati. In ricordo di Marco ho voluto che ci fosse anche l’UNHCR dato che era lui che la sosteneva in prima persona.” (dal testamento di Lucia T.). Conclude l’avv. Maurizio Tomaselli:” Con le disposizioni di ultima volontà non si raggiunge solo la finalità di trasferire il patrimonio ad uno o più beneficiari, ma si ha la possibilità di lasciare un’eredità spirituale in continuità con quanto compiuto in vita. Il testamento è, dunque, uno strumento estremamente attuale e molto utile per proseguire nel sostenere i valori che hanno guidato la nostra vita, e con la certezza, nel caso dell’UNHCR, che il nostro compito verrà portato a termine”.


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