Giornalismo sotto attacco in Italia

Chi disturba le dirette della RAI commette il grave reato di interruzione di pubblico servizio

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Trova crescente riscontro, nelle pronunce di merito e di legittimità, l’orientamento giurisprudenziale che riconosce la sussistenza del reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) con riferimento alla condotta di chi disturba, con gesti violenti od anche solo molesti, i collegamenti ed i servizi giornalistici della RAI.

Il GUP di Palermo – nel motivare la condanna di un imputato ritenuto colpevole di una feroce aggressione ai danni di una troupe del Tg2, intenta nella cronaca di una manifestazione novax – ha ribadito, di recente, come l’azione delittuosa vada severamente sanzionata anche perché volta a turbare la regolarità del fondamentale servizio pubblico a cui professionalmente adempiono, nella loro quotidiana attività, i giornalisti della RAI (sentenza GUP di Palermo del 2 marzo 2022, dep. 11 aprile 2022, n. 301).

La decisione recepisce, ineccepibilmente, il magistero della Suprema Corte che in più occasioni ha segnalato la natura pubblicistica del lavoro giornalistico radiotelevisivo e l’esigenza di garantirne concretamente la tutela, a presidio del diritto-dovere alla libera informazione dei singoli cittadini (art. 21 Cost.).

A tal proposito, nel confutare ogni diversa e fuorviante prospettazione, la Corte di Cassazione ha puntualmente richiamato il dettato dell’art. 45 del D.lgs. 31 luglio 2005, n. 177, in materia di emittenza radiotelevisiva, che «pur sottoponendo il gestore a determinati obblighi, definisce di interesse pubblico le trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all’educazione, all’informazione, alla formazione, alla promozione culturale» (Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenza 13 giugno 2008, dep. 2 luglio 2008, n. 26569).

In un’altra importantissima sentenza, è stato ribadito come valga ad integrare il reato di cui all’art. 340 codice penale ogni azione molesta e prevaricante che costringa, di fatto, l’operatore di ripresa a restringere il campo visivo alla sola persona del giornalista, vanificando così il significato della ripresa (Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenza 26 gennaio 2021, dep. 9 aprile 2021, n. 13434).

L’impegno di tutte le Istituzioni e delle stesse aziende radiotelevisive a salvaguardia dei propri giornalisti e del loro lavoro è destinata ad affermarsi in futuro, con rinnovati e più efficaci strumenti normativi, nel solco di questa autorevole giurisprudenza.


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