Giornalismo sotto attacco in Italia

‘Caro Pier Paolo’: Dacia Maraini racconta Pasolini in un romanzo epistolare 

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“Caro Pier Paolo, stanotte ti ho sognato. Avevi il solito sorriso dolce e mi dicevi “Sono qua!”. Poi ti toglievi una specie di gilet color malva e aggiungevi “Fa caldo”. Stavo per abbracciarti, felice di rivederti, quando sei scomparso… E’ così strano che dopo tanti anni, nel sonno, io trovi ancora il modo di ricordarti e di vederti”. 

Sono queste le parole che segnano l’inizio di “Caro Pier Paolo” il romanzo epistolare, edito Neri Pozza (240pp, 18 Euro), con cui Dacia Maraini ricorda l’intellettuale e l’amico. Pier Paolo Pasolini è stata una figura capace di vivere al contempo dentro e contro il suo tempo e questa sua caratteristica, unita alla sua dichiarata omosessualità, alla militanza, al cinema e alla morte violenta, ne hanno fatto una figura ancor oggi divisiva a quasi 50 anni dalla sua morte e a cento dalla sua nascita.

Ma chi era Pasolini al di là delle sue prese di posizione così anticonformiste e dell’opera letteraria e filmica che ci ha lasciato? A raccontarcelo è Dacia Maraini, ormai unica testimone di un mondo perduto. Grande amica di Pasolini, insieme al suo compagno Alberto Moravia, la Maraini ha condiviso molto con PPP: dalle cene da Gigetto al Ghetto, insieme ad altri intellettuali del tempo, ai viaggi in Africa, quel paese così arcaico da cui Pasolini era fortemente affascinato per la sua povertà che rappresentava per lui quasi un ritorno alle origini, ad una purezza non contaminata dal capitalismo borghese. Dal rapporto viscerale con la madre Susanna, alle confessioni di Maria Callas che nutriva per lui un amore sincero, alle serate sul terrazzo della casa di Sabaudia, alle partite di calcio sugli sterrati polverosi della periferia romana. Con un romanzo epistolare che si compone di una quarantina di lettere, la Maraini intesse una sorta di dialogo con Pasolini, che ancora sovente le appare in sogno, fatto di ricordi e di riflessioni su alcuni temi cruciali del tempo. 

I sogni rappresentano un elemento centrale della narrazione, capace di unire passato e presente in un’opera intima e appassionata in cui si ravvisano palpabili le emozioni della Maraini, l’affetto sincero e profondo nutrito di stima che la legava a quell’uomo così schivo e silenzioso,  e il dolore, ancora vivo, per la sua morte di cui restano molti nodi irrisolti di cui nessuno sembra volersi curare.  

“Erano giorni da rimpiangere? Non so se fossimo felici, Pier Paolo, ma certo vivevamo l’amicizia come una grazia lunare”. 

Un romanzo intimo, profondo e commovente che porta alla scoperta di uno dei maggiori interpreti della cultura del secolo scorso.


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