Saccheggiatore sorridente

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Come i boss che ha frequentato per anni, B. esige il ”baciamo le mani a Vossia’‘ di Salvini e Meloni. Che vengono costretti a recitare la farsa della candidatura entusiasta e insistita offerta a Lui, che fa il riluttante, bisognoso di tempo per sciogliere la riserva. L’uomo convoca i suoi alleati nella sfarzosa Villa Grande – segno plastico di dominanza – per dimostrare che più del consenso politico, Lui conta sul consenso culturale. Ovvero la deferenza istintiva verso i ricchi da parte dei sudditi: proletariato da risse televisive, piccoli borghesi evasori e scaltri opportunisti rampicanti.

Salvini e Meloni sanno bene che B. ha ancora un impero mediatico con cui potrebbe massacrarli. E subito si acconciano alla venerazione. La scena è desolante. E non si sa se faccia più pena un vecchio malvissuto afflitto da narcisismo degenerativo; o più disgusto la sua corte che lo asseconda con ipocrisia giuliva, mentre spera di vederlo accoppato in un’imboscata di franchi tiratori. No, questa orda lanzichenecca non può accamparsi al Quirinale. Abbiamo già patito un ventennio di razzie da parte del Saccheggiatore sorridente.

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