Peni e vagine

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La rilevanza del sesso è un indicatore di arretratezza sociale. Più è importante verginità, castità, rigidità di genere e indissolubilità matrimoniale, più la cultura che esalta questi principi si dimostra sorda ad altri diritti. Dove invece c’è libertà sessuale, accettazione di omosessualità e di altre varietà di genere, si registra un parallelo progresso culturale e buona qualità di vita. In Italia siamo in transizione dal gruppo di nazioni più arretrate a quelle più evolute. L’approvazione della Legge Zan era un test per capire quanto questo iter fosse avanzato, ma la sua bocciatura ha svelato che sono ancora forti i condizionamenti arcaici della cultura “sessocentrica” di primordiale impronta agro-silvo-pastorale.

Così “peni e vagine’ tornano al centro delle nostre preoccupazioni, come organi il cui uso deve essere conforme alla tradizione. E guai a chi non si riconosce nella normalità, perché poi si espone a prese in giro, botte, emarginazioni. Che nessuno deve considerare un reato specifico – come invece statuiva la legge Zan – ma al massimo violenze generiche e quindi culturalmente attenuate, indotte da provocazioni come quando due dello stesso sesso esagerano tenendosi per mano per far saltare la pazienza degli etero. Ecco allora spiegato il lugubre boato da stadio delle destre “peni e vagine”, zombi abbrutiti dal loro conformismo scolorato, che celebrano il loro Halloween in aula col favore del voto segreto, dopo una vigilia segnata dal beffardo avvertimento ai promotori: rigetto o scherzetto?

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