Turchia, condannato a 27 anni Can Dundar per le sue inchieste sui traffici di Erdogan

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La condanna a 27 anni di carcere è “una decisione personale del presidente della Turchia per impedire ai giornalisti di scrivere contro di lui”.
Così Can Dundar, ex direttore del giornale d’opposizione turco Cumhuriyet, in un’intervista rilasciata ad Associated Press nel suo ufficio di Berlino, ha commentato la sentenza a suo carico emessa da un tribunale turco per un articolo pubblicato nel 2015 sul presunto rifornimento di armi ai ribelli siriani da parte dell’intelligence turca. Dundar si trova in esilio in Germania, dove è fuggito nel 2016.

Quando pubblicò lo scoop sull’invio in Siria di tir degli 007 turchi carichi di armi e destinati ai ribelli anti-Assad, il presidente Recep Tayyip Erdogan gli promise che avrebbe pagato un “caro prezzo”. Più di cinque anni dopo, per l’ex direttore del quotidiano di opposizione laica Cumhuriyet, Can Dundar, è arrivata una condanna in contumacia a 27 anni e mezzo di carcere. “Una vendetta che non ha nulla a che fare col diritto”, l’ha definita il 59enne reporter dalla Germania, dove ha trovato rifugio dal 2016. Un tribunale di Istanbul gli ha inflitto 18 anni e 9 mesi per “rivelazione di informazioni riservate a scopo di spionaggio” e altri 8 anni e 9 mesi per “sostegno all’organizzazione terroristica” del magnate e imam Fethullah Gulen, che Ankara accusa di aver orchestrato il tentato colpo di stato del 15 luglio 2016 e fornito la notizia incriminata a Dundar.

Il suo scoop, accompagnato da foto e altre documentazioni, aveva scatenato le ire di Erdogan quando mancavano pochi giorni al voto in cui poi il suo Akp, per la prima volta dall’ascesa al potere nel 2002, avrebbe perso la maggioranza assoluta in Parlamento. Il leader turco lo accusò di aver diffuso “segreti di Stato”, definendolo un “agente” al soldo di servizi stranieri. “La decisione contro Can Dundar è un duro colpo per il lavoro GIORNALISTIco indipendente in Turchia”, ha commentato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. Immediata è giunta la replica di Ankara. “Invece di difendere i suoi crimini, le nostre controparti dovrebbero estradarlo”, ha attaccato il capo della comunicazione della presidenza turca, Fahrettin Altun. Tra il 2015 e il 2016, mentre era direttore di Cumhuriyet, Dundar era stato in carcerazione preventiva per 92 giorni insieme al caporedattore di Ankara del giornale, Erdem Gul. Il loro rilascio giunse solo a seguito di una decisione della Corte costituzionale.

Nel maggio 2016 il reporter era poi stato condannato a 5 anni e 10 mesi di prigione, subendo anche un attacco a colpi d’arma da fuoco davanti al tribunale, in cui era rimasto illeso. Ma dopo due anni la sentenza era stata annullata dalla Cassazione, che aveva ordinato un nuovo processo, conclusosi oggi con un’udienza boicottata dai legali di Dundar per protesta contro un trattamento giudiziario ritenuto “ingiusto”. A ottobre, i giudici gli avevano anche confiscato i beni e congelato i conti bancari in Turchia. Ma dalla Germania, dove la moglie Dilek è riuscita a raggiungerlo lo scorso anno nonostante il sequestro del passaporto, Dundar ha continuato a raccontare con grande seguito le vicende del suo Paese. Dopo la condanna per “terrorismo” confermata lo scorso anno contro 12 ex reporter o dirigenti, quello di oggi è anche l’ennesimo colpo per Cumhuriyet, il quotidiano più antico e tra i pochi rimasti indipendenti in un Paese che oggi figura al 154/mo posto su 180 nella graduatoria per la libertà di stampa di Reporters sans Frontières e dove, secondo l’osservatorio locale P24, i giornalisti detenuti sono almeno 87.


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