La seria leggerezza di Pino

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Il Covid ha ucciso in questi giorni tristi tante persone. Tra loro un amico e collega di tante avventure, Pino Scaccia, inviato per anni del “Tg1”. Uno di quei giornalisti di cui si sta perdendo la matrice. Mai avrei pensato di doverlo piangere, e di scrivere queste poche righe che esprimono appena quello che provo: così abituato a vederlo e “sentirlo” in ogni occasione pieno di vita, di voglia di “fare” e di “esserci”;  dotato di una dote che hanno in pochi: più o meno tutti sappiamo raccontare storie fantastiche come fossero vere; cosa in fondo banale. Lui, al contrario, sapeva rendere le storie vere con il fascinoso e intrigante sapore del fantastico. Lavorare con lui non era lavorare. Anche dopo ore e ore di “postazioni”, attese, tensioni, sapeva sciogliere le mille fatiche cumulate con uno sberleffo, un sorriso, una risata.

Ne abbiamo fatte, in giro, per l’Italia e il mondo; capitava che gli davo dei punti, e non se la prendeva, anzi: ti stringeva la mano e se si congratulava; capitava che i punti te li desse lui, e riusciva a intortare la cosa in maniera tale che eri perfino contento che ti avesse dato il “buco”. Generoso, più di una volta, a conoscenza di una notizia, un fatto in esclusiva, te ne rendeva partecipe: così che il direttore non avesse da rimproverarti, e rinunciava allo scoop.

Ho sempre invidiato la sua seria “leggerezza”, il suo esser saper essere “leggero” seriamente. Che la terra ti sia lieve caro Pino.


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