Rialzare la testa e organizzarsi. Ad Ostia il talent antimafia. Contro l’indifferenza

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Una settimana fa, in una domenica di fine estate, il litorale di Roma a tornato a fare notizia. Sulla spiaggia di Torvajanica, prosecuzione di quella di Ostia, una scena da film, ma purtroppo autentica: un finto runner spara sulla sabbia a un 38enne albanese che due giorni dopo morirà in ospedale. “Terrore tra i bagnanti”, riportano i giornali, che ipotizzano un regolamento di conti nel mondo dello spaccio di droga. Una notizia importante, senza dubbio.

Sette giorni dopo, di nuovo domenica, c’è un’altra scena che potrebbe essere da film, ma stavolta per fortuna è un musical. All’interno di un grande cinema di Ostia si disputa la seconda edizione del talent antimafia organizzato da #Noi, l’associazione nata sulla scia delle coraggiose denunce giornalistiche di Federica Angeli dalle colonne di ‘Repubblica’ contro le cosche che infestano quella zona di Roma. Giovani e giovanissimi (e anche qualche ex giovane) che intorno al tema della lotta alla criminalità organizzata hanno pensato, provato e messo in scena danze, canzoni, poesie, orazioni civili, brani teatrali. Emozionandosi e facendo emozionare i molti presenti.

Questo loro incontro ha fatto notizia cento volte meno della spietata esecuzione di sette giorni prima. Chi se ne può stupire? Lì feroce violenza, qui ‘solo’ una serena rassegna di capacità artistiche e passione civile. Eppure qualcosa non torna…Anzi torna alla mente la vecchia, citatissima massima cara al mondo ambientalista: “Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”. Il killer e la sua vittima sono l’albero che cade, e il suo fragore non va certo attenuato, perché ci racconta con drammatica immediatezza di una piaga profonda e insostenibile della nostra società.

Ma se non impariamo a dare il dovuto risalto anche alla foresta che cresce, se il racconto è solo un “romanzo criminale”, resterà addosso a tutti noi l’idea di una sconfitta, un senso di impotenza e di rassegnazione. E invece no: bastava sentirli, quei ragazzi e quelle ragazze, vedere la luce che brillava nei loro occhi, la serietà con la quale proclamavano il diritto/dovere di parlare di mafie già dalle elementari. C’è una riserva prorompente di energia civile che chiede di essere considerata un fatto. E lo è, perché è l’insieme delle persone che in questi anni hanno avuto il coraggio di rialzare la testa, di deporre ogni indifferenza e di organizzarsi. Talvolta è notizia anche la buona notizia.

Foto: Antonella Santoro


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