Umbria. Dalla Lega una crociata contro il buon senso

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Alla fine, ringraziamola, la presidente della regione Umbria, la leghista, signora Donatella Tesei, e con lei ringraziamo Simone Pillon, uno dei promotori del Family Day, neo-commissario della Lega in Umbria. Naturalmente è un paradosso, ma fino a un certo punto.

   Un passo indietro: la regione Umbria, da poco “governata” dalla signora Tesei decreta il «No all’interruzione di gravidanza farmacologica a casa» e impone il ricovero non più in day hospital ma per una durata di almeno tre giorni. Stupirsene? Non più di tanto: ma no, fanno il loro mestiere, non sarebbero loro, se non lo facessero… La signora presidente sostiene che così si garantisce una maggiore tutela alla donna. Perché nelle ultime settimane, negli ultimi mesi, si sono registrati casi in cui questa tutela è venuta meno? No, non se ne sono registrati. Dunque, perché questo passo indietro? “Non è assolutamente un passo indietro”, garantisce la signora presidente. “La libertà di una scelta sofferta, come quella dell’aborto, rimane. Ma c’è una maggiore tutela per la salute della donna”.

   La legge 194 sull’interruzione di gravidanza prevede il ricovero ospedaliero; al tempo stesso riconosce alle Regioni la facoltà di organizzarsi come meglio ritengono. Così, nel 2018, l’Umbria introduce la possibilità di interrompere la gravidanza con la pillola RU 486, entro la settima settimana di gravidanza, in day hospital e terapia domiciliare. Nessun problema, fino a qualche giorno fa. Ora la nuova disposizione “marca” Lega. La signora presidente respinge le accuse di “crociata contro la legge e il buonsenso”. Dice che ha applicato “la legge nazionale non per togliere un diritto delle donne. Da avvocato impegnata nella tutela dei diritti individuali penso che abbiamo aggiunto la garanzia di poter abortire in sicurezza. Siccome i rischi ci sono e sono evidenti, incidenti di percorso ci possono essere e ci sono stati”. A tutti è noto che di questi tempi meno si frequentano gli ospedali e meglio è per tutti: per i rischi di contagio Covid, e per non ulteriormente appesantire una situazione della sanità pubblica che mostra da tempo tutti suoi limiti e lacune. La signora presidente da questo orecchio è sorda: “Nei nostri ospedali la percentuale Covid è bassissima. Non ci sono problemi”. La signora presidente trova un appassionato alleato in Pillon: “Evitiamo che la donna sia lasciata sola davanti a eventuali rischi come emorragie, infezioni o altre complicanze”.

   Inutile chiedere dati e casi che comprovino queste affermazioni. I sostenitori per primi, del resto, parlano al condizionale ed evocano possibilità. Lo scopo di questo provvedimento, del resto è di evidenza solare: lo si è adottato solo per assecondare il volere dell’ultraconservatore Pillon. Il ricovero in ospedale è, di fatto, solo un ulteriore ostacolo che si vuole frapporre nel delicato percorso di una donna che sceglie di interrompere la gravidanza. Risultano assolutamente ingiustificati i motivi di questo gravissimo ritorno indietro, che mette in pericolo il diritto alla salute e all’autodeterminazione delle donne. Tutto questo proprio nelle stesse ore in cui la Società italiana di ginecologia e ostetricia lancia un appello chiedendo di favorire l’interruzione di gravidanza in day hospital, data l’emergenza Covid.

   Dunque, perché Tesei e Pillon, la Lega, vanno, sia pure paradossalmente, ringraziati? Perché così i progressisti, finalmente sono sollecitati a fare il loro, di “mestiere”. Il day hospital è stato adottato in molte regioni: dalla Toscana all’Emilia Romagna, dal Lazio alla Liguria. Inoltre si può guardare fuori da casa nostra, i  protocolli, per esempio, già applicati in Francia, Regno Unito, Irlanda… Oppure ascoltare la comunità scientifica, quella che non esibisce crocifissi, Vangeli e rosari, ma si affida alla scienza e al metodo scientifico.

   Tesei e Pillon vanno ringraziati perché il ministro della salute Roberto Speranza si è rivolto al Consiglio superiore di sanità al fine di favorire, ove possibile, il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico, in regime di day hospital e in regime ambulatoriale, come in uso nella gran parte degli altri Paesi europei”, e di “prevedere l’aggiornamento delle Linee di indirizzo sull’IVG”, interruzione volontaria di gravidanza, con l’uso di Mifepristone (RU486) e prostaglandine, “tenendo anche in considerazione la possibilità di monitoraggio da remoto attraverso dispositivi tecnologici di telemedicina”. È il quesito posto dal Ministero al CSS presieduto dal professor Franco Locatelli dopo l’ondata di proteste per il provvedimento recente della giunta leghista in Umbria.

   Può anche essere, auguriamocelo, l’occasione per un bilancio e una più generale messa a punto della situazione. L’Italia è molto indietro nella pratica dell’aborto farmacologico rispetto agli altri Paesi. L’interruzione di gravidanza in day hospital in Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia.

    Marina Toschi, ginecologa di Pro-choice RICA (Rete Italiana Contraccezione e Aborto) centra la questione: “Ci sono politici che si mostrano scandalizzati davanti all’aborto, io mi scandalizzo di fronte al fatto che abbiano distrutto i consultori, che seguono anche le gravidanze, e messo a pagamento la contraccezione. Perché la libertà delle donne fa paura?.

   Ministro Speranza, Partito Democratico, forze progressiste laiche: se ci siete, battete finalmente un colpo…    


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