Sentinelle della parola e del lavoro

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In tempi di pandemia il termine “positivo” ha assunto un significato “negativo”. Il distanziamento, anziché fisico, è diventato “sociale”. Ma, un distanziamento può mai essere “sociale”? “Distanziamento sociale” non è forse un ossimoro? Possiamo iniziare una campagna tra le colleghe e i colleghi affinché il termine “sociale” non sia più accostato a “distanziamento”? Ogni parola ha un peso e noi abbiamo la responsabilità di saperle scegliere e accostare, per informare e per contribuire alla coesione sociale. Siamo o non siamo anche le sentinelle della parola?

Sempre in tempi di pandemia, l’espressione suadente “smart working” si sta rivelando poco “smart” e molto “iper”, se non addirittura appannaggio di qualcos’altro: il telelavoro. Preoccupa come gli editori stiano abusando di uno strumento che dovrebbe essere appunto una “modalità” per agevolare il lavoro in situazioni particolari o di emergenza. Dalle testimonianze di colleghe e colleghi, infatti, emergono situazioni preoccupanti. Il carico di lavoro “esternalizzato” sta riempiendo la giornata delle colleghe e dei colleghi, a tal punto che si sta cancellando il confine tra il tempo del lavoro e il tempo della vita, tra cui quella domestica. Addirittura c’è chi ha predisposto l’orario spezzato agli “smartworkisti” ed ha pensato che si possono tagliare anche i buoni pasto, tanto sono a casa. Il lavoro giornalistico distaccato dalla redazione, tra l’altro, non è uguale per chi lavora nelle agenzie, nei giornali, nelle radio e nelle tv. È opportuno tenerne conto quando si andrà a regolamentare questa modalità di agevolazione del lavoro giornalistico in situazioni particolari, da non confondere o sovrapporre all’ordinarietà.

La condivisa preoccupazione di ridurre gli assembramenti nelle redazioni sta avallando pratiche unilaterali di assegnamento delle ferie, arretrate o maturate durante l’anno. Se è vero che sono un costo per l’azienda, è anche vero che le ferie sono del lavoratore e non dell’azienda, sono un diritto costituzionale. L’esigenza dello smaltimento delle ferie, però, non può perdere di vista la modalità per arrivare ad una soluzione condivisa attraverso una trattativa sindacale. Diverse aziende, però, ignorano le relazioni sindacali sostenendo che l’emergenza coronavirus lo permette. Non ne siamo molto convinti. Siamo invece convinti che le relazioni sono fondamentali per superare la crisi, per costruire una nuova normalità, per mettere in campo le intelligenze e per tessere un nuovo modo di stare insieme.

Inoltre, preoccupa come la desertificazione delle redazioni stia spingendo diversi editori e direttori anche ad abusare di freelance, precari e corrispondenti, per nulla tutelati e pagati con pochi euro. È urgente vigilare sui rapporti di lavoro.

Un’ultima riflessione. La crisi di questo tempo apre a nuove opportunità anche per ripensare alla professione giornalistica e alla grande comunità dell’Ordine dei giornalisti. Questo è il tempo privilegiato dell’osservazione, dell’ascolto e del vagliare il senso storico di quello che sta succedendo, pensando al dopo. Il discernimento di questo tempo è da integrare a quanto abbiamo pensato fino al febbraio scorso per ripensare ad una comunità in cui si riconoscano contrattualizzati e non contrattualizzati, giornalisti e comunicatori.


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