La giornata politica. Le spine delle Sardine nella lettera di Santori, e le spine del governo tra election day, affaire Autostrade, e Recovery Plan

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“Il manifesto valoriale è pronto. Ma abbiamo capito che un manifesto politico oggi porterebbe a nuovi litigi, a tante incomprensioni e una marea di chiacchiere sterili. Stessa cosa per la struttura. E’ necessario organizzarci, ma la struttura a cui abbiamo lavorato è oggettivamente precoce per un gruppo di persone che manco si fidano tra loro, né si conoscono” annuncia Mattia Santori nella lettera agli attivisti ‘convocati’ al congresso virtuale in programma giovedì prossimo per un confronto sul futuro delle Sardine. “Ho sempre avuto un’idea precisa di quel che avrebbero dovuto essere le Sardine da grandi – spiega il leader del Movimento nato a Bologna nel novembre scorso – e forse ho sbagliato ad aspettare tutto questo tempo a dirvela. Ma, che ci crediate o no, mi interessava davvero sapere cosa ne pensava ciascuno di voi. Giovedì vi dirò qual era la mia idea fin dal principio, poi vi consegneremo insieme ad Andrea, Giulia e Roberto il manifesto valoriale e ci saluteremo per una legittima pausa di riflessione e di riposo. Potrà partecipare chi vuole. Non sarà la fine delle Sardine. Al massimo uno spartiacque”, assicura Santori. “Mi pesano i dissidi interni, le litigate per i post e le paranoie complottiste”, scrive Santori per poi delineare la linea dei fondatori: “più prendiamo la direzione politica più finiamo per imitare gli altri. Più rincorriamo i like più caschiamo nella trappola del narcisismo”. Responsabilità ma anche stanchezza e paura che “tutto il lavoro fatto fin qui si traduca in un vantaggio per pochi e in una delusione per molti”, accompagnano i ‘bolognesi’, in questi giorni, dopo mesi in cui il progetto “Sardine” ha assorbito gran parte della loro vita.

Governo per election day 20 e 21 settembre. Muro delle Regioni: data assurda

Nuovo scontro tra Governo e Regioni sulla data delle prossime elezioni amministrative. Giuseppe Conte riunisce a palazzo Chigi la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e i capidelegazione di maggioranza per trovare un punto di caduta tra le pressioni di presidenti e partiti e le esigenza di organizzazione e sicurezza legate al Covid-19. La strada su cui il Governo intende andare avanti è quella di un election day 20 e 21 settembre in cui tenere Amministrative, Regionali e referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Due settimane dopo, quattro e cinque ottobre, si svolgerebbero così i ballottaggi. La linea, però, è ancora una volta respinta dalle Regioni. “Non c’è stato alcun accordo formale”, tuonano Stefano Bonaccini e Giovanni Toti, che definiscono “assurda” la data del 20 settembre. “Cinque delle sei Regioni chiamate alle urne avevano indicato ufficialmente altre opzioni: il 26 luglio, il 6 settembre o al massimo il 13 settembre. Il 20 settembre è una data dunque che non era compresa tra quelle indicate, che peraltro impedisce la riapertura di un anno scolastico, già di per sé molto difficile. Inoltre si tratta di una data a ridosso di ottobre, mese nel quale, stando alle relazioni del Comitato tecnico-scientifico del Governo, potrebbe riproporsi il Covid”, insistono presidente e vicepresidente della Conferenza delle Regioni che chiedono un incontro urgente al governo “per ripristinare un leale dialogo tra le istituzioni su un tema così delicato”. Intanto in Parlamento va avanti l’esame del decreto Elezioni. Oggi in commissione Affari costituzionali, la relatrice Anna Bilotti (M5S) ha ritirato il suo emendamento che anticipava la finestra elettorale al 1 settembre, lasciandola quindi invariata dal 15 settembre al 15 dicembre.

Autostrade: riprende braccio di ferro con governo

Ed è ripreso anche il braccio di ferro tra governo e Atlantia dopo il cda straordinario della holding della famiglia Benetton. La settimana scorsa il board straordinario della società guidata da Carlo Bertazzo ha accusato l’esecutivo di non decidere sulla concessione, bloccando, in questo modo, l’attività di Autostrade per l’Italia e gli investimenti. Il Cda della controllante di Aspi lamenta la difficoltà di accesso al credito a causa dell’articolo 35 del decreto Milleproroghe che ha ridotto l’indennizzo, in caso di revoca della concessione, indicando in Anas la società che subentrerebbe in caso di revoca. Oltre a ciò ci sono da considerare gli effetti del lockdown sul traffico autostradale. Per questo Aspi ha chiesto un prestito da 1,25 miliardi garantito da Sace, secondo quanto previsto dal dl Imprese. La richiesta non è piaciuta al viceministro allo Sviluppo Stefano Buffagni. Sulle questioni, è intervenuta la ministra delle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli evidenziando che “ad oggi al ministero delle Infrastrutture non è arrivata alcuna comunicazione formale che Aspi non voglia fare investimenti”.  Il governo è spaccato tra l’ala (M5S) che vede solo nella revoca della concessione – dopo il crollo del ponte Morandi nell’agosto del 2018 – la via d’uscita alla vicenda e quella più dialogante (Pd e Iv) che vorrebbe evitare di andare allo scontro e dover pagare almeno 7 miliardi di indennizzo con il rischio di doverne sborsare 23 se la battaglia legale dovesse andare male (per l’esecutivo).

E domani la Commissione Ue svela il Recovery Plan da oltre 1.000 mld

La Commissione europea di Ursula von der Leyen proporrà domani al Parlamento Ue il Piano europeo per la ripresa, che dovrebbe mobilitare complessivamente 1.000 miliardi di euro. La linea sarà probabilmente quella dettata da Parigi e Berlino, che la scorsa settimana hanno presentato una proposta da 500 miliardi per sostenere i Paesi colpiti dalla pandemia con trasferimenti di denaro a fondo perduto. L’appuntamento di domani non metterà tuttavia fine alle discussioni: la proposta della Commissione finirà sul tavolo del Consiglio europeo il 17 e 18 giugno. La bozza sul tavolo di von der Leyen prevede un Recovery Fund da 500 miliardi di euro attivo fino al 2022 e costituito per la maggior parte – tra il 60% e il 70% – da sovvenzioni elargite a fondo perduto. La percentuale rimanente rientrerebbe invece nella categoria dei prestiti – seppure a tassi agevolati e lunghe scadenze – quella su cui puntano i rigoristi del Nord. Se confermato, il Recovery Fund si sommerà a un Bilancio comunitario da circa 1.000 miliardi.

Da jobsnews

 

 


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