Raffaello e Beethoven, omaggio al genio

0 0

Cinquecento anni dalla scomparsa di Raffaello, duecentocinquanta dalla nascita di Beethoven e un anno, questo 2020, che vede due anniversari di cui tutto il mondo, nonostante la tragedia del Coronavirus, farebbe bene a occuparsi. Non si può, infatti, ignorare il genio pittorico di uno dei massimi interpreti del Rinascimento, così come non è possibile non inchinarsi al cospetto della musica di colui che ha scritto la Nona sinfonia, l’Inno alla gioia che risuona ogni volta che vogliamo riaffermare l’importanza dell’Europa.

Raffaello Sanzio, urbinate, è stato talmente innovativo che i successori si sarebbero ispirati alla sua arte al punto di essere definiti “manieristi”, ossia prosecutori di uno stile rivoluzionario e destinato a modificare per sempre il panorama artistico del nostro ricchissimo Paese.

Appartiene, a pieno titolo, a quell’ingegno italico che emerge nei momenti difficili, a quel talento innato, smisurato, talmente vasto da lasciare a bocca aperta anche in periodi strazianti come quello che stiamo attraversando. Ha lasciato un’eredità che si fa persino fatica a valutare, specie se si considera che è vissuto appena trentasette anni, morendo il 6 aprile, lo stesso giorno in cui era nato, ma che gli sono bastati per regalarci capolavori che ancora oggi il mondo intero ci chiede e ci invidia.

Quanto a Beethoven, induce quasi a sorridere il fatto che, come detto, il suo nome sia indissolubilmente a un’Europa che oggi ci appare drammaticamente distante, ostile, del tutto inadeguata a far fronte a un’emergenza senza precedenti.

Fatto sta che il compositore tedesco, che nacque esattamente duecentocinquant’anni fa a Bonn e visse da vicino l’epopea napoleonica, al punto di dedicare a Bonaparte la Terza sinfonia, l’Eroica (salvo poi ripensarci, infuriato, quando apprese la notizia che si era auto-incoronato imperatore), è una di quelle personalità che ha contribuito attivamente a costruire il nostro immaginario, la stessa idea d’Europa, il concetto di fratellanza universale e pace fra i popoli.

Beethoven, che per circa metà della vita patì il dramma della sordità, se n’è andato a soli cinquantasei anni, a Vienna, senza poter vivere attivamente le vicende rivoluzionarie del Risorgimento ma segnandone, comunque, gli eventi, essendo sostanzialmente un classicista ma, al contempo, un precursore del romanticismo e dei suoi nobili ideali.

Innamorato dei princìpi della rivoluzione francese, tanto da considerare inizialmente Napoleone colui che sarebbe stato in grado di realizzarli concretamente, assetato di libertà e di futuro, inquieto nel comporre e nell’intendere la vita, Beethoven visse intensamente ogni singolo giorno, lasciandoci in eredità un’opera che è considerata, almeno in parte, un manifesto politico.

Omaggio al genio: ne abbiamo bisogno nell’ora più buia.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21

Articolo21
Panoramica privacy

Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.