Virus, conflitto libertà-sicurezza

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Libertà o sicurezza? Il Covid-19 ha fatto saltare ogni equilibrio. Tutto cambia nell’era della “guerra” al Coronavirus. Parole poco usate prima come «quarantena», «focolaio», «mascherine», «restrizioni», «autocertificazione» hanno un impatto umano e sociale sconvolgente. Anche nuove terminologie come «distanziamento sociale» stravolgono i consolidati stili di vita: in Occidente come in Oriente, negli Stati Uniti come in Cina, in Europa come in Australia.

Sono stravolte le normali abitudini di vita di milioni di persone (forse miliardi)  in tutto il mondo. L’Italia e la Cina hanno fatto da battistrada all’incubo. Le stesse via delle città sono irriconoscibili a Milano come a Roma: o sono di un vuoto spettrale o popolate da poche persone con il volto coperto da tetre «mascherine» modello chirurghi in sala operatoria. Prima in Lombardia e poi in tutta Italia si è ripetuto il terribile sistema usato dalla Repubblica Popolare Cinese nella provincia di Hubei (dove lo scorso dicembre scoppiò la pandemia di Covid-19) per combattere i contagi. Xi Jinping pose in quarantena i 60 milioni di abitanti di Hubei (e del capoluogo di Wuhan), mise a casa i residenti e praticamente bloccò ogni attività economica e sociale.

In Italia vari comuni nelle regioni del nord e del centro-sud, considerati pericolosi «focolai» dell’infezione,  sono in «quarantena»: il perimetro è presidiato da polizia e soldati. In sintesi: tutto è finalizzato a contenere e fermare  i contagi che si propagano a ritmi vertiginosi. Non si può né entrare né uscire dalle “zone rosse” se non per estreme necessità di salute o famigliari. In tutto il resto dell’Italia non è che vada molto meglio.

Il presidente del Consiglio Conte ha disposto misure draconiane.  Il governo ha chiuso scuole, università, musei, cinema, teatri, palestre. Sono sbarrati quasi tutti i negozi esclusi gli alimentari, le farmacie e gli esercizi di pubblica utilità (tipo le rivendite di telefonini e di apparecchiature elettroniche). Treni, autobus, metropolitane viaggiano vuoti a ritmi ridotti. La gran parte degli impiegati pubblici e privati lavora da casa usando il computer e le nuove tecnologie digitali (telelavoro e lavoro agile). Stesso discorso per i giornali. Le fabbriche sono chiuse escluse quelle «cruciali». Tutto è fermo, ormai vanno forte solo le industrie alimentari, farmaceutiche e quelle legate alla sanità.

I malati sono troppi, gli ospedali traboccano, i morti sono troppi soprattutto in Lombardia. Perfino i reparti di  terapia intensiva per i malati gravi sono ormai insufficienti al Nord nonostante i nuovi posti letto creati rapidamente, gli ospedali da campo o allestiti ex novo.

Così, con il Sistema Sanitario Nazionale in tilt o vicino alla saturazione in molte zone, è scattato il «distanziamento sociale» come unica soluzione per neutralizzare il Coronavirus per il quale manca ancora un vaccino o una cura specifica. Cioè basta contatti umani, vanno tagliati almeno del 75% gli incontri personali di qualsiasi tipo.  E se gli incontri sono necessari, va osservata una distanza di sicurezza di almeno un metro (ma sembrerebbe che ne servano almeno due per evitare l’infezione).

Giuseppe Conte ha invitato gli italiani a «restare a casa». Continui spot televisivi rilanciano la sollecitazione-disposizione del presidente del Consiglio a «restare a casa».

Se proprio si deve uscire per fare la spesa, per andare in farmacia o per comprare un giornale allora serve una «autocertificazione» da sottoscrivere compilando un modulo del ministero dell’Interno cambiato più volte. L’incertezza è totale sulla passeggiata: per alcuni è vietata tipo il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca mentre per il governo è consentita purché sia breve. In ogni caso è obbligatorio il «distanziamento» di almeno un metro: nelle code fuori i supermercati (sempre lunghissime), le farmacie e i negozi di alimentari (qui le file sono meno apocalittiche). La polizia perlustra le strade. Sono partite oltre110 mila denunce. Non solo. Sono perfino arrivati i droni, controllati dalla polizia, per il «monitoraggio degli spostamenti dei cittadini». Per chi non rispetti le «restrizioni» imposte dal governo scattano ammende salatissime fino a 3 mila euro.  In molti chiedono l’intervento dei soldati non solo per controllare «i focolai». Giuseppe Conte ha rassicurato: «Non vedrete la militarizzazione dei centri abitati». Speriamo!

Un incubo! Qualcuno ricorre perfino agli “aperitivi virtuali” per non perdere i contatti con famigliari e amici. Manca la libertà, rinchiusi a casa, sembra di essere agli arresti domiciliari. E’ ritornato  l’antico contrasto tra due beni primari: la libertà personale e la sicurezza collettiva. Già all’epoca del terrorismo rosso, con feriti e morti per le strade delle città negli anni Settanta-Ottanta, furono imposte «restrizioni» alla libertà di movimento in nome della sicurezza. Ma non si doveva restare tutto il giorno chiusi in casa e non si doveva girare con «l’autocertificazione» in tasca. Così la sicurezza soffoca la libertà. Speriamo finisca presto!


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