Nulla sarà come prima. Neanche nell’informazione

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La sospensione del patto di stabilita’ , il ritorno dei controlli alle frontiere, gli aiuti di stato…l’agenda dell’Europa, in pochi giorni, e’ completamente cambiata. E cosi’ la vita dei giornalisti che la raccontano da Bruxelles. I quali  non possono piu’ accedere ai palazzi delle istituzioni. Nell’appuntamento piu’ importante della giornata – il briefing di mezzogiorno – il portavoce della commissione prova a rispondere, da solo –  di fronte ad una sala stampa completamente deserta –  alle domande pervenute via mail. Anche prima – a dire la verita’ – lo si poteva ascoltare in bassa frequenza. Ma serviva esclusivamente a risparmiare un po’ di tempo durante giornate scandite da attese di ministri in entrata o uscita dai vertici, chiacchiere “off the record” con i loro consiglieri, conferenze stampa di parlamentari europei e convegni di qualunque tipo. Per stampare l’agenda degli eventi previsti – all’inizio della settimana – era necessaria una consistente risma di carta. Adesso basta appena un foglio.

Un cambiamento della routine – e’ evidente – nemmeno per un attimo paragonabile a quello subito da chi il virus lo combatte in prima linea, come medici ed infermieri. E condizioni di lavoro ben diverse rispetto ai colleghi della cronaca davanti agli ospedali ed ai confini delle zone rosse. Ma come abbiamo capito c’e’ gia’ adesso tanto lavoro pure per chi si occupa di politica, economia, esteri…e le conseguenze non solo sanitarie dell’emergenza  si fanno prepotentemente sentire. Di questi tempi il potere deve – per necessita’ – decidere in fretta. E comunica di conseguenza. Senza troppe mediazioni. Irrompendo – da un momento all’altro – nei programmi tv, sui social, sui siti internet. Sono informazioni di importanza vitale per i cittadini – in qualunque paese – e nessuno dunque puo’ ostacolarne il flusso. Ma diventa sempre piu’ difficile – a bruxelles e nelle altre capitali – chiedere un chiarimento, porre – semplicemente – una domanda. Non c’e’ tempo, si risponde dall’altra parte. Ed e’ vero, di sicuro. Il timore pero’ e’ che quando tornera’ il tempo – per fare le domande – possa venir meno …molta della voglia di rispondere. Perche’  nel frattempo ci si potrebbe tutti abituare (da chi ha responsabilita’ pubbliche fino ai cittadini utenti)  a questa comunicazione “verticale”.  Dove per i reporter di spazio ne resta poco.

Nessuno e’ ingenuo: chi governa – la politica, l’economia, lo sport – la maniera di comunicare l’aveva gia’ cambiata prima. E l’italia – ancora una volta – aveva fatto da laboratorio. Oltre un quarto di secolo fa – quando i nostri capelli non erano ancora bianchi – gia’ circolavano le cassette con i video messaggi dei leader. E viene quasi da sorridere ripensando alle mani (piccole e grandi) che le mettevano in onda. La tecnologia – in questo come in tanti altri aspetti della nostra vita – ha soltanto accelerato il processo. Non c’e’ bisogno del pass di accesso alla Casa Bianca per raccontare le opinioni di Trump: basta un’occhiata – attraverso il telefonino – al suo account twitter. Qualche personaggio un po’ meno arrogante puo’ ancora avere la cortesia di farsi intervistare nel suo studio. Non quello dove lavora, intendo, ma  quello televisivo, perche’ tutta la gente che conta ormai ne possiede uno. Nell’altro secolo era necessario controllare (o possedere) un giornale oppure una rete tv. Adesso – con un minimo investimento –  istituzioni, partiti, aziende hanno la dotazione necessaria a confezionare e diffondere videomessaggi, comunicati e qualunque altro prodotto di informazione (o di propaganda ?). Dal punto di vista degli editori, come sappiamo, si risparmiano soldi. Per molti giornalisti il telelavoro era – nei fatti –  gia’ una pratica quotidiana da molto tempo prima che fosse il covid 19 ad imporlo.

Non vuole essere questo l’ennesimo esercizio di nostalgia. E neanche di pessimismo. Sulla trasparenza dell’informazione – fra l’altro – l’italia sta offrendo un esempio al mondo. Il quotidiano briefing della protezione civile – alle 18 in diretta sui canali all news – da un lato fa venire i brividi per le cifre, dall’altro – pero’ – si trasforma in un’esperienza di educazione civica. Un “format made in italy” meritevole di esportazione non solo in paesi piu’ o meno autoritari ma anche in democrazie a noi vicine (sia dal punto di vista geografico che ideale). Se davvero – come si ripete – questa e’ un’esperienza simile ad una guerra occorre ricordare che – al termine dell’ultima. – qualcuno inizio’ a pensare al “dopo”  quando ancora era impegnato a combatterla. Il dibattito pubblico adesso “congelato”, come tanti altri aspetti della nostra esistenza,  dovra’ – prima o poi – riprendere. E sara’ acceso, perche’ le scelte necessarie a risollevare il mondo da una crisi globale saranno estremamente delicate. E’ fondamentale che il giornalismo – sull’europa come su qualunque altro argomento – sia in grado di raccontarlo in modo adeguato. Cioe’ da vicino, con tutte le domande alle quali – adesso – si deve invece rinunciare per il rispetto delle distanze di sicurezza.


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