A Gianni Mura, la dovuta eccezione

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Gianni Mura non era juventino, anzi. Era un grande giornalista. Se siete finiti dentro questo articolo presumibilmente conoscete questo sito (Juventibus.com ndr), in cui non vengono risparmiate periodicamente analisi critiche più o meno serie al mondo dei media sportivi. Con le dovute eccezioni, abbiamo detto sempre, perché non c’è niente di più ingiusto e fuorviante di giudicare per categorie, che si tratti di politici, sportivi o giornalisti.

Gianni Mura era una dovuta eccezione, forse la dovuta eccezione per eccellenza. Ma non lo scrivo ora perché improvvisamente non è più tra noi e dunque si deve, si fa bella figura o perché comunque chi scompare ci appare immediatamente migliore o immune da difetti.

Era la dovuta eccezione già ieri, un anno fa, molti anni fa. Perché il calcio era una sua passione, ma era una sua passione tra mille.

Tifava come tutti per una squadra, ma veniva prima il suo amore per la professione: leggendolo si poteva non concordare, cercare di cogliere l’errore, ma non traspariva mai il pensiero – tentazione perenne per il lettore tifoso – che scrivesse guidato da un pregiudizio. Era la sua idea, allora si applaudiva o ci si arrabbiava, ma senza essere mai indotti al retropensiero.

Era la dovuta eccezione per la capacità di scrivere, raccontare, romanzare, parlare con la stessa partecipazione di una partita, di un Tour de France o di un ristorante. Sapeva scrivere libri (che piacevole quel giallo sul Tour). Critiche gastronomiche. Gli era venuto in mente, ogni anno, di intervistare il campionato, e quello gli rispondeva pure.

Era la dovuta eccezione ben prima di oggi, non serviva certo che non fosse più tra noi. Già quella sera, a Ponte Milvio, in cui avvicinandomi al suo tavolo gli rompo le scatole per salutarlo e lui mi invita al suo, per parlare di calcio, calciopoli, giornalisti e giornalismo. Ed è tutto interessantissimo, con visioni a volte distanti e a tratti vicine.

Ma non è quella, la parte che non dimenticherò di quella cena. Ricorderò la sua risposta alla mia domanda più importante. In preda al mio consueto scetticismo sulla continuità e affidabilità dell’offerta gastronomica di Roma, gli chiedo un paio di consigli su dove mangia a prezzi giusti quando passa dalle nostre parti.

E io, siccome quello che contava era la piacevolezza della serata, certi pensieri sul calcio e sul giornalismo me li sono pure dimenticati. Ma quei ristoranti no.

E in uno di quelli devo ancora andare, ci pensavo giusto qualche tempo fa. Ora non si può, sennò lo farei già stasera. Ma appena potremo, perché prima o poi potremo, sarà il primo posto in cui andrò. Con un brindisi verso l’alto, al calcio, al ciclismo, ai libri, al cibo e al vino.

Alla dovuta eccezione per eccellenza.


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