Viaggio in Egitto? No, grazie

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Il brutale assassinio di Giulio Regeni – riacutizzato dall’arresto per reati di opinione di Patrik Zaki – dovrebbe generare una presa di distanza dell’Italia dall’Egitto. Una dittatura violenta guidata dal presidente  al-Sisi, che ha recluso già 60 mila prigionieri politici. E invece l’enorme volume di commercio di armi italiane con il Cairo – quasi 70 milioni di euro nel 2018 – fa ripiegare il nostro Governo su una reazione più di facciata, che reale (si veda il ritiro-beffa del nostro ambasciatore durato il tempo di una simulazione mal riuscita).

Se il Governo preferisce gli affari, possiamo noi cittadini organizzare una reazione dal basso contro la dittatura egiziana? Sì, boicottando viaggi di turismo in Egitto. Come in molti abbiamo iniziato a fare da quando il caso Regeni ha evidenziato non solo la brutale violenza inferta al nostro connazionale, ma la mancanza di considerazione verso il nostro Paese delle autorità egiziane, con pratiche dilatorie e risposte vaghe, nella certezza di poter contare sulla scarsa autostima e coesione degli italiani. Invece, un brusco calo di turisti nazionali in Egitto sarebbe percepito dalle autorità del Cairo con molta più preoccupazione delle blande iniziative governative, depotenziate da affari indisturbati.
In memoria di Regeni e per la liberazione di Zaki passiamo parola: Viaggio in Egitto? No, grazie.

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