Guerre cibernetiche, quel pericolo silenzioso e sottovalutato

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C’era una volta la statua di un soldato dell’Armata Rossa nel centro di Tallinn, in Estonia. Una statua di bronzo come tante altre statue di bronzo, di quelle che sono sulle nostre piazze da sempre e a cui spesso non facciamo neanche più caso. E chi avrebbe mai detto che una qualsiasi statua di bronzo potesse scatenare un tale putiferio.

In un giorno qualsiasi del 2007, mentre il freddo dell’inverno estone si sta sciogliendo per cedere il posto alla primavera, il Governo di Tallinn decide di spostare quella statua di bronzo dal centro della città in un cimitero militare della periferia. Come un brutto ricordo che fa ancora male e che si vuole seppellire in un cassetto polveroso. E un brutto ricordo lo è davvero, perché se per i russi quel soldato rappresenta la vittoria dell’Armata Rossa sul nazismo, per il popolo estone non è altro che la memoria di una dolorosa oppressione: gli anni in cui la loro terra venne occupata dall’Unione Sovietica a seguito del patto Molotov-Ribbentrop.

Nei giorni successivi l’Estonia precipita nel caos.
I giornali principali del Paese non possono più trasmettere notizie, le banche sono in tilt, la gente non riesce a prelevare e a pagare i conti, la comunicazione tra i membri del Governo è bloccata. L’intero sistema digitale del Paese non funziona più.
La spiegazione non tarda ad arrivare: è un attacco cibernetico.
La Russia non se ne assumerà mai ufficialmente la responsabilità, ma le indagini dimostrano che l’attacco viene da degli indirizzi IP russi e che le istruzioni online sono scritte in russo.
Evidentemente per Mosca quella statua di bronzo doveva rimanere proprio dov’era in principio, nel centro di Tallinn… Continua su vociglobali


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