Libertà è partecipazione

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Le Sardine, gli errori di Salvini, il buon governo di Bonaccini. Tutto è stato indispensabile per non consegnare l’Emilia Romagna alla parte più becera e pericolosa della destra. Ma tutto questo è stato determinante perché ha raddoppiato gli elettori, ha riportato alle urne quasi una intera, enorme, fetta di cittadini che era da anni rimasta a casa, delusa, frustrata, nervosa, incattivita.
Se questo popolo torna a votare la cultura di questo paese cambia. L’Italia era il paese europeo dove per decenni la partecipazione al voto era più numerosa. Poi un improvviso tracollo, la fine ingloriosa dei partiti tradizionali e l’avvento dei movimenti sovranisti, populisti nel senso peggiore del termine, rancorosi e vendicativi. Incompetenti che si vantano di esserlo.
La post modernità digitale necessita della politica e della cultura forse più delle vecchia modernità analogica. Per questo l’indifferenza deve essere rimossa, non solo perché la memoria – come si capisce meglio in questi giorni di ricordo dell’olocausto – deve insegnarci a non ripetere sempre gli stessi errori, ma perché il popolo che vota, che sceglie, che ragiona, che partecipa, è l’essenza della democrazia. Ieri come oggi. I partiti progressisti riflettano su questo, ripensino i loro rapporti in funzione di una spinta al ritorno collettivo al voto, alla buona politica che fa, almeno in buona parte, gli interessi dei cittadini e non dei poteri.
Il messaggio che arriva dai numeri dell’Emilia Romagna ci fa rimbombare in testa lo stornello di Gaber: libertà è partecipazione.


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