Teresa Manes: “Siamo in attesa di una legge che regolamenti il bullismo”

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Non bisogna mai abbassare la guardia, mai stancarsi di fare prevenzione e formazione. Il Bullismo esiste e, forse, esisterà sempre, ma senz’altro lo si può prevenire. Noi abbiamo incontrato Teresa Manes che nei giorni scorsi, insieme alle istituzioni locali, a rappresentanti della polizia postale ha parlato a gli studenti liceali dell’Istituto “Don Mauro” di Villaricca, in provincia di Napoli. Teresa ha perso un figlio, Andrea Spezzacatena, che si è suicidato in casa a soli 15 anni. Per mesi alcuni compagni di scuola lo hanno deriso per presunti orientamenti sessuali diversi. Teresa è autrice di alcuni libri tra cui “Andrea, oltre il pantalone rosa” e “Diario di giorni difficili” editi da Graus Edizioni, gestisce anche una pagina fb teresa manes -prevenzione bullismo.

Bullismo, un sostantivo, un termine oramai tanto diffuso, un tema di cui si parla tanto. Ma cos’è, veramente, secondo lei il bullismo?
Il bullismo è  un fenomeno antisociale, subdolo che si fa strada tra le maglie della indifferenza e del pressapochismo generale. Chi pensa di sconfiggerlo si illude. Sarebbe come sconfiggere integralmente il male, il che è  impensabile dato che rappresenta la stessa antitesi del bene. Ma se si concentrano gli sforzi in una serie di interventi mirati, ripetuti e costanti è possibile declassare il bullismo, in modo da levargli potenza.

Si sta veramente facendo qualcosa di concreto per formare i ragazzi, per coinvolgere le famiglie?
Bisogna insistere sul terreno della prevenzione, ricordando però che la stessa si divide in tre fasi. Le risorse vanno equamente distribuite su  tutti i settori d’ interesse per evitare dunque di realizzare un lavoro precario.

Il suo impegno?
Io “lavoro” solo sulle inconsapevolezze delle dinamiche adolescenziali che sono poi quelle che portano alla recidiva della devianza. Ma l’inconsapevolezza non può essere considerata elemento di esclusione delle responsabilità.
Personalmente porto la voce della mia testimonianza, così mi offro comunque per essere solo in piccolo segmento di una catena che va formata necessariamente con altri soggetti, competenti e qualificati. Della serie “ad ognuno il suo”.

Il mondo della scuola secondo lei come sta reagendo a tutto questo. Gli insegnanti sono disponibili a discuterne ad assumersi le proprie responsabilità e ad aiutare i ragazzi?
Non  avrebbe senso aprire i cancelli della scuola al racconto di un dolore che  poi viene lasciato fine a se stesso. Anzi, a lungo andare, svalorizzando la preziosità di questi racconti che si fanno portatori di messaggi si speranza, si finisce col levare forza alla stessa funzione per cui il dolore esiste e viene raccontato: entrare in empatia con l’altro.
I progetti striminziti, portati avanti senza fondi e fatti giusto per fare o perché c’è una legge che lo impone  non servono a niente. Anzi, fanno peggio dato che tolgono tempo prezioso alla didattica.
E poi- almeno allo stato attuale- la famiglia rimane per lo più ai margini di queste campagne di sensibilizzazione. Quelle che oggi intervengono ai dibattiti sono paradossalmente quelle che hanno meno “bisogno” di sapere, partecipando alla vita educativa dei propri figli.
Per questo sostengo con forza la nuova proposta di legge dell’ On. Devis Dori in materia di bullismo.

Ci spieghi meglio
Tra le tante novità degne di nota c’è la possibilità riconosciuta a “CHIUNQUE” , non solo al dirigente scolastico, di informare la Procura che attiverà il Tribunale dei Minori. Questi, in via amministrativa, una volta fallito il tentativo di mediazione perché c’è l’assenza di accordo tra le parti ( vittima e/o bullo), sottopone il minore  a cui vengono ascritti i comportamenti devianti ad un percorso di rieducazione a cui devono partecipare gli altri componenti della sua famiglia. Solo dopo il II ripetuto  e infruttuoso  tentativo di percorso di recupero, il Tribunale può  decidere per l’affidamento ai servizi sociali o l’affidamento  in comunità  del minore coinvolto.
Si tratta di un provvedimento a cui verranno sottoposti i minori, dopo attente valutazioni da parte degli organi competenti.
Negare che vi siano minori che coi loro ripetuti comportamenti violenti commettono  dei veri e propri crimini è da irresponsabili.

Se la sente di raccontarci la sua triste storia?
Mio figlio Andrea  fu etichettato su una pagina Facebook come “il ragazzo dai pantaloni rosa”. Una frase carica di tutto il peso del pregiudizio che lo incolpava di un suo, presunto, diverso orientamento sessuale. Ai giudici questo è parso troppo poco, facendo , forse, di tutte le sensibilità uno stesso fascio. Ecco perché  è importante parlare in famiglia, con gli insegnanti. Ecco perché se è  vero che ho seppellito un figlio, morto suicida a soli 15 anni, è  pur vero che non seppellirò mai la sua storia. Perché, se seppelliamo la storia, allora si che saremo morti tutti.

Una storia amara, difficile alla quale si aggiunge l’esito giudiziario perché per nessun giudice Andrea è morto di bullismo.


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