80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Memoria senza storia: la proposta impossibile del Parlamento europeo

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di Lorenzo Ferrari e Nicola Pedrazzi

L’ultima risoluzione sulla memoria approvata dal Parlamento europeo è un’occasione persa, piena di semplificazioni e omissioni – che però ci raccontano molto dello stato del progetto europeo a 30 anni dalla caduta del Muro. Come si è arrivati a questo vuoto documento anti-tutti-i-totalitarismi? La risposta va cercata a Est, nell’attenzione che la destra polacca dedica al tema della memoria.

Il 17 settembre la Polonia ha commemorato l’80° anniversario dell’invasione sovietica. Con un gesto simbolico, due giorni dopo il Parlamento di Strasburgo ha approvato la risoluzione 2019/2819(RSP) «sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa». Invece di riconciliare il continente, il documento ha finito solo per dividere.

Due i problemi su cui s’è concentrata l’attenzione dei commentatori: l’opinabilità di asserzioni presentate come verità storiche e, a monte, l’opportunità che un’istituzione (in questo caso per giunta sovranazionale) adotti atti formali in tema di memoria. Anche quando severe, le analisi si sono limitate alla dimensione episodica e notiziabile del documento, senza inquadrare la vicenda nel più ampio contesto europeo. Soprattutto in Italia e soprattutto a sinistra, le critiche si sono concentrate sull’equiparazione tra comunismo e nazismo: un parallelo impraticabile in sede storica, ma che riflette le esigenze politiche dell’Unione allargata a Est. Viceversa, pochi si sono indignati per la pretesa di costruire memoria senza passare dallo studio della storia, nemmeno menzionato all’interno della strategia europea.

In sintesi, la risoluzione 2019/2819(RSP) è preoccupante per ragioni più profonde di quelle elencate all’indomani del voto in aula. Se si è giunti a un esito così inadeguato è perché sul processo di gestazione hanno agito metodi di lavoro, priorità strategiche, letture politiche e pattern cognitivi che negli ultimi anni sono divenuti tipici – questa è la nostra tesi – dell’Unione europea nel suo insieme. Ad allarmare non è quindi la bruttezza di un singolo atto, ma la fragilità della cultura politica che l’ha generato. Un modo debole e confuso di pensarsi europei, che non può contribuire all’Unione forte e democratica di cui avremmo bisogno… Continua su confronti


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