Ma in Europa i sovranisti son diventati simpatici?

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A trent’anni dalla svolta della Bolognina targata Achille Occhetto, spiace dirlo, ma della sinistra Italiana è rimasto poco o nulla. Non dico che sia tutta colpa sua, ma non c’è dubbio, come ho avuto modo di sostenere già in altre sedi, che i suoi sogni e le sue speranze siano andati perduti, travolti dal cinismo di successori spesso non all’altezza e, negli ultimi tempi, dalla spregiudicatezza di chi ha deciso di distruggere definitivamente un patrimonio storico già messo pesantemente in discussione dalle vicende che hanno sconvolto il mondo dopo l’abbattimento del Muro di Berlino.
Ci eravamo illusi, tuttavia, che almeno il valore sacro dell’anti-fascismo e dell’anti-nazismo fossero rimasti, se non altro come riflesso pavloviano, come necessità morale, oltre che storica, come dovere di rappresentanza di un campo politico devastato ma ancora significativo per presenza nel Paese. Neanche questo è accaduto.

La settimana scorsa, su Repubblica, l’ultra-liberista Margrethe Vestager, punta di diamante del gruppo costituito da Macron al Parlamento europeo, Renew Europe, ha dichiarato che, tutto sommato, i voti dei sovranisti non le darebbero poi così fastidio, anzi. Tutto questo, sostengono i malpensanti, per accreditarsi come possibile candidata alla presidenza della Commissione, al posto della von der Leyen in difficoltà e con buona pace della posizione merkeliana assunta dalle forze democratiche in estate. In poche parole, quando la von der Leyen venne eletta a luglio con soli nove voti di scarto sulla maggioranza assoluta, si disse, giustamente, che andava definito con chiarezza il perimetro della maggioranza e costituito un arco costituzionale anche a Bruxelles e Strasburgo, tenendo fuori dalle stanze del potere chiunque avesse posizioni ambigue, o dichiaratamente contrarie, su temi cruciali come i diritti umani, i diritti civili, la libertà d’informazione, la libertà della magistratura, l’euro, la battaglia contro ogni forma di razzismo e discriminazione e via elencando.
Poiché la Commissione è in stallo, a causa delle divisioni interne e della bocciatura di alcuni importanti commissari, fra cui la Goulard proposta proprio da Macron per rappresentare la Francia, il timore di alcuni osservatori è che si stia cercando la via d’uscita in chiave trumpista.

Al che, vien da chiedersi: ma la sinistra dov’è? Possibile mai che nessun esponente del Partito Democratico, se non nel silenzio di casa sua o in una nicchia riservata a pochi eletti, abbia alzato la voce contro la signora Vestager per farle presente che con una certa destra è la natura stessa della propria formazione politica, oltre che la sua storia e la sua tradizione, a impedirle qualsivoglia forma di accordo? Possibile che ci sia un vuoto così raccapricciante mentre a Varsavia sfilano indisturbate decine migliaia di neo-fascisti e neo-nazisti, fieri di esserlo, con tanto di vessilli e slogan abominevoli? Possibile che nessuno si indigni al cospetto del nazismo ricorrente nella Germania dell’Est? Possibile che sull’Ungheria nessuno abbia nulla da ridire, neanche al cospetto di un disegno che mina alla base il futuro dell’Europa?
Ma davvero, caro PD, saresti disposto a governare persino con la destra polacca e con i sovranisti variamente assortiti? Davvero nessuno, in quella compagine, ha il coraggio di chiedere alla Vestager di dimettersi dal proprio ruolo di commissaria alla Concorrenza, annunciandole un’opposizione ferma e determinata qualora dovesse diventare presidente e circondarsi di partiti del genere?
Davvero il potere per il potere vi ha annebbiato fino a questo punto? Sapendo di cosa parlo e a chi mi sto rivolgendo, ho la certezza che non sia così. Ho la certezza di star lanciando un appello a persone perbene, a sinceri democratici, a politici che credono nel valore sacro della democrazia e nel ripudio di ogni forma di violenza e di totalitarismo. Per questo, vi chiedo a gran voce di prendere posizione.

L’Europa non sopravvivrà continuando ad ammettere al suo interno chi la vuole distruggere, non sopravvivrà se non metterà il Gruppo di Visegrád di fronte all’alternativa fra cambiare linea politica o andarsene, non sopravvivrà se non si svolgerà a Varsavia, e in tutte le altre principali città del Vecchio Continente, una serie di contromanifestazioni oceaniche che facciano apparire gli animatori del totalitarismo contemporaneo per ciò che sono realmente, ossia dei relitti da ricacciare indietro, negli scantinati di una storia che non deve in alcun modo tornare a essere attualità. L’Europa non sopravvivrà se non sarà aperta, accogliente, multietnica, anti-sovranista, contraria a ogni forma di barbarie, nemica di ogni oppressione, prevaricazione e devastazione del nostro stare insieme. Deve esistere, anche a Bruxelles e Strasburgo, un principio per cui con certa gente non si prende nemmeno un caffè, non le si concede neanche una stretta di mano perché non stiamo parlando di avversari e nemmeno di un normale confronto fra idee differenti ma di nemici di tutti i valori che abbiamo affermato negli ultimi sette decenni e di quella che Pertini definiva “la negazione di tutte le idee”. Per l’appunto, il fascismo.

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