Ex Ilva. Mittal chiede al governo 5mila esuberi e il ripristino dell’immunità per restare

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Conte respinge, convoca i sindacati e offre ancora 48 ore di tempo all’azienda

Di Pino Salerno

Al termine di un convulso Consiglio dei ministri sulla vicenda ex Ilva, che ha assunto i toni di vero e proprio dramma industriale caduto sulla testa di decine di migliaia di lavoratori per effetto della decisione comunicata dai vertici di ArcelorMittal di restituire l’azienda ai commissari straordinari, il presidente Conte si è presentato in sala stampa a palazzo Chigi e ha esposto la linea del governo. “Arcelor Mittal ha prospettato l’esubero di 5mila persone. Per noi si tratta di una realtà che non è neppure ipotizzabile. Per noi è scattato un allarme rosso. Ci siamo resi disponibili ad aprire una finestra negoziale, ventiquattro ore su ventiquattro”. Domani, rivela Conte,  il governo convocherà i sindacati sull’ex Ilva.”Siamo compatti e confido che anche le forze di opposizione ci seguiranno” sul dossier ex Ilva. “Qui è l’intero Paese che deve reggere l’urto di questa sfida, sarebbe deprecabile che iniziassimo a coltivare discussioni sterili su questo fronte” afferma ancora il premier in conferenza stampa a Palazzo Chigi. “Invitiamo l’azienda a rimeditare queste sue iniziative. E’ inaccettabile che ci siano addirittura iniziative giudiziarie dal loro punto di vista. Non lasceremo soli gli operai, faremo tutto il possibile. Abbiamo invitato il presidente Mittal a prendersi un paio di giorni e valutare la situazione per altre soluzioni. Sono inaccettabile le soluzioni che ci vengono proposte”. E infine, ha Conte ha voluto rimarcare uno degli aspetti della dinamica industriale al centro della contesa con ArcelorMittal:  “la produzione è scesa a 4mila tonnellate. Benissimo. A chi spetta il rischio impresa? Chi è che viola il contratto? Vogliamo dire che il governo non rispetta il contratto? Noi vogliamo che” l’ex Ilva “sia l’hub della transizione energetica, l’ho detto anche al presidente Mittal, noi siamo il governo del Green New Deal, su questo ci siamo”.

Sul piano delle reazioni politiche, il premier Conte avrebbe preso 48 ore di tempo e intanto sarebbe stato sondato il Quirinale sulla percorribilità di uno strumento governativo per inserire la norma generale per uno scudo penale per le aziende. C’è irritazione tra i dem, riferiscono anche fonti parlamentari, sulla volontà di M5s di temporeggiare su una norma osteggiata da un nutrito gruppo di senatori pentastellati. Anche nel Consiglio dei ministri il Pd avrebbe insistito sulla necessità di trovare una soluzione in tempi brevissimi. Ma sul tavolo c’è anche la questione degli esuberi – si parla di 5000 mila unità – chiesti da ArcelorMittal e la richiesta dell’azienda di rivedere il contratto. Il premier ha chiamato tutte le forze politiche alla responsabilità. “Non è questione di minoranza o maggioranza, è l’intero Paese che deve reggere l’urto di questa sfida, sono assolutamente inutili le polemiche”, ha rimarcato. Il timore è che la Lega possa essere decisiva qualora ci fosse la necessità di far passare in Aula un provvedimento che il gruppo al Senato M5s non sembra disposto a votare all’unanimità.

La reazione del Consiglio dei ministri illustrata da Conte giunge dopo una giornata iniziata a Palazzo Chigi in mattinata con l’atteso vertice tra i manager di Arcelor Mittal e il governo. Alla riunione a Palazzo Chigi, durata tre ore, hanno partecipato, per l’esecutivo, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i ministri Stefano Patuanelli, Roberto Gualtieri, Giuseppe Provenzano, Roberto Speranza e Teresa Bellanova e il sottosegretario Mario Turco. Per ArcelorMittal il patron Lakshmi Mittal e il figlio Adyta.  L’azienda ha confermato la volontà di rescindere il contratto chiedendo di rivedere i piani mentre il governo avrebbe domandato il ritiro della procedura di restituzione degli impianti e un nuovo incontro con i vertici della multinazionale. L’azienda ha avviato in ogni modo la procedura per la “restituzione” di 10.777 dipendenti al commissario straordinario. Lo scudo penale per gli ex manager, si legge nel documento, era essenziale per l’operazione. In mattinata arriva alle organizzazioni sindacali la lettera, già annunciata ieri dall’ad Lucia Morselli (assente al vertice di Palazzo Chigi), con la quale ArcelorMittal comunica la decisione di disdettare l’accordo e restituire chiavi e dipendenti all’Amministrazione straordinaria. Contemporaneamente viene depositato presso il Tribunale di Milano l’atto di citazione contro i Commissari Straordinari relativo alla rescissione del contratto. La comunicazione provoca l’immediata reazione dei sindacati e della città di Taranto. In mattinata la Fim-Cisl dichiara uno sciopero immediato a Taranto di 24 ore a partire dalle 15 del pomeriggio. Uno sciopero che, riferisce la Fim-Cisl incassa un’alta adesione. Ma la mossa non è condivisa dalle altre sigle (Uilm, Fiom e Ubs) che, pur mantenendo lo stato di agitazione volevano attendere gli esiti del vertice a Palazzo Chigi. Il punto sul quale ArcelorMittal non vuole cedere è la “protezione legale”, prevista dal Dl 2015/1 e confermata dal Dl del 3 settembre 2019. Protezione considerata dall’azienda “presupposto essenziale” al punto che “in mancanza, non avrebbe accettato di partecipare all’operazione” di ristrutturazione e rilancio dell’Ilva. Ma il tema, per il governo è un altro. E’ la stessa sostenibilità della produzione da parte di A.Mittal, che – in relazione all’Altoforno 2 (sotto sequestro per la morte di un operaio nel 2015 ma in funzione e da ristrutturare come da Piano Ambientale), dovrebbe entro il 13 dicembre presentare la progettazione degli interventi ambientali e mirati alla sicurezza dei lavoratori. L’azienda, sostengono fonti di maggioranza, punta inoltre a un esubero di 5mila unità. Un obiettivo che potrebbe costringere il governo a intervenire subito con la cassa integrazione.

Il consiglio di fabbrica di FIOM e UILM di Taranto si è riunito per definire le prossime iniziative di mobilitazione da mettere in campo per salvaguardare il futuro ambientale e occupazionale del territorio che hanno portato alla proclamazione di 24 ore di sciopero per l’8 novembre. “Ormai è del tutto evidente – si legge in una nota – che la scelta di Arcelor Mittal sia stata dettata esclusivamente dalla volontà della multinazionale di rimettere in discussione quanto sottoscritto in sede ministeriale il 6 settembre 2018 e trova, pertanto, un alibi sulla vicenda dell’esimente penale. Oggi si è tenuto un incontro tra il Governo e Arcelor Mittal che non ha prodotto alcuna novità se non la conferma della volontà della multinazionale di recedere il contratto di fitto”.  “Di fronte all’arroganza di una multinazionale e ad una totale incapacità ed immobilismo della politica – continua la nota – bisogna mobilitarsi come lavoratori attraverso la partecipazione allo sciopero indetto l’8 novembre.Infatti è necessario porsi un obiettivo chiaro che arrivi netto e direttamente al Governo, al momento unico vero proprietario dello stabilimento siderurgico”.

“Il Consiglio di fabbrica ha deciso inoltre di avviare un percorso istituzionale, a partire dal presidente della Regione Puglia, per affrontare una vertenza che non può escludere nessuno, soprattutto sulle responsabilità di quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni. Infine, il consiglio di fabbrica di FIOM – UILM, di concerto con le Segreterie nazionali, ha deciso di organizzare una grande mobilitazione di gruppo presso il Mise a Roma”. “Non siamo disponibili a sacrifici che possano penalizzare ulteriormente l’aspetto della salvaguardia ambientale, delle bonifiche e del piano occupazionale già previsto dall’accordo del 6 settembre”.

Da jobsnews


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