Dolores Ibárruri, una vita a testa alta

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Dei novantatre anni di Dolores Ibárruri, la Pasionaria scomparsa trent’anni fa che si batté con tutte le forze contro il franchismo, al punto di ispirare a Ernest Hemingway il personaggio di Pilar in “Per chi suona la campana”, conserviamo non solo le idee ma anche il volto. Lineamenti baschi, intensi, profondi, segnati dalla vita e scavati dai mille drammi con i quali si trovò a fare i conti nel corso di un’esistenza straziante.

Ebbe sei figli ma quattro morirono prima dell’età adulta e un altro, Rubén, combatté nell’Armata Rossa e morì durante l’assedio di Stalingrado. Trascorse quattro deecenni in esilio, mentre la Spagna subiva la violenza, morale e non solo, del franchismo e i sogni e le speranze di tanti amici e compagni si spegnevano giorno dopo giorno. Eppure, questa donna provata, stanca, devastata da tragedie d’ogni sorta, non ha mai smesso di combattere e di crederci. Coltivava la “illusión di andare a morire nella nostra terra” e ci riuscì, tornando in Spagna dopo la morte di Franco e riuscendo anche a farsi rieleggere in Parlamento, nel ’77, a quarantuno anni di distanza dalla prima volta.

Comunista mai pentita, indomita, era stata lei, il 19 luglio 1936, in un discorso al palazzo del governo, a lanciare il celebre motto “¡No pasarán!”, divenuto un simbolo dei repubblicani e degli antifascisti di tutto il mondo.

Aveva un cuore grande e generoso, un forza d’animo che le ha consentito di superare ogni avversità, l’entusiasmo, anche negli ultimi anni, della ragazza che era stata tanto tempo prima, in una Spagna povera, rurale e disperata, arida di possibilità e travolta da una catastrofe che, se analizzata oggi, con la precisione e l’attenzione ai dettagli tipiche degli storici, ci appare inevitabile.

Quasi nulla è rimasto di quei giorni, di quella Spagna misera, incerta e prossima allo sfacelo, prima di sprofondare in un abisso durato incrdibilmente a lungo, senza riuscire a sviluppare anticorpi adeguati né a rivedere la luce attraverso una ribellione di popolo che pure sarebbe stata necessaria.

Sulle barricate della Guerra civile gridava: “Preferiamo essere vedove di eroi che mogli di vigliacchi”. Senza contare un’altra sua celebre affermazione: “È meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”.

Una tempra così, una passione senza fine. Trent’anni dopo è triste doverla ricordare al cospetto di una Spagna che sta progressivamente tornando franchista.


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