Saviano, quarant’anni intensi 

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Auguri a Roberto Saviano per i suoi quarant’anni. Auguri soprattutto in questi giorni, in cui Giancarlo Siani, un “giornalista giornalista”, ne avrebbe compiuti sessanta, se non fosse stato assassinato dalla camorra il 23 settembre 1985 mentre rincasava a bordo della sua Citroën Mehari verde, in una celebrazione di sangue di quell’orgia del potere che da sempre caratterizza le organizzazioni criminali. Organizzazioni che Saviano contrasta con coraggio da oltre un decennio, da quando, non ancora trentenne, divenne un caso editoriale con Gomorra e un punto di riferimento per chiunque abbia deciso di “scrivere con le nocche” per sfogare nel modo giusto la propria rabbia feroce contro l’oppressione della malavita.
Quante volte avrà riflettuto su come sarebbe stata la sua vita se non avesse compiuto quella scelta, se non avesse deciso di far luce sull’orrore, se non avesse scritto nomi e cognomi dei carnefici di una terra martoriata e bellissima, se non si fosse ribellato all’inferno con l’arma straordinaria della parola, se non avesse deciso di sacrificare se stesso, la propria vita e la propria libertà in nome di un ideale di lotta contro ogni forma di violenza e di volgarità.
Quando penso a Roberto Saviano, al netto della sua notorietà, del suo essere ormai un personaggio e delle innumerevoli polemiche che spesso suscitano le sue prese di posizione, mi viene in mente una sorta di missionario, ricco di saggezza, di una sorprendente forza d’animo, della capacità di non arrendersi mai e della costanza per lottare contro ogni abisso.
Buon compleanno, Roberto, e sappi che la tua battaglia era, è e sarà sempre anche la nostra, illuminando a giorno ciò che i burattinai avrebbero interesse a che restasse nell’ombra e rivendicando il  valore supremo dell’umanità contro chiunque si azzardi a metterlo in discussione.


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