Tutti i piani per uccidere Paolo Borsellino

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Nel periodo in cui Paolo Borsellino svolgeva le funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, “Cosa Nostra” portò avanti una pluralità di progetti di omicidio nei suoi confronti, con il compimento di una serie di attività preparatorie.
Uno di questi piani criminosi avrebbe dovuto realizzarsi presso la residenza estiva del Magistrato, nella zona di Marina Longa.
Tale episodio è stato ricostruito nella sentenza n. 23/1999 emessa il 9 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo n. 29/97 R.G.C.Ass. (c.d. “Borsellino ter”), dove si è evidenziato che il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ha riferito di una concreta attività posta in essere dall’organizzazione mafiosa per seguire i movimenti del magistrato, all’epoca Procuratore della Repubblica a Marsala, e studiarne le abitudini di vita durante la sua permanenza estiva a Marina Longa, in vista dell’esecuzione di un attentato ai suoi danni. A tal fine Salvatore Riina aveva dato incarico a Baldassare Di Maggio – in quel periodo sostituto per il mandamento di San Giuseppe Jato di Brusca Bernardo, detenuto dal 25 novembre 1985 al 18 marzo 1988 e successivamente agli arresti domiciliari sino al 22 ottobre 1991 – di recarsi a Marina Longa, servendosi come punto di appoggio per l’attività di osservazione della vicina abitazione di Angelo Siino. Tale attività era stata poi sospesa per ragioni che il Brusca non ha precisato. Questo racconto ha trovato preciso riscontro nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Siino, il quale ha riferito che in “Cosa Nostra” vi erano stati commenti assai negativi perché Paolo Borsellino aveva pubblicamente denunciato un calo di tensione nell’attività di contrasto alla mafia e che Pino Lipari aveva espresso la convinzione che il magistrato, che aveva un temperamento più irruente, avesse dato voce al pensiero dell’amico Giovanni Falcone, più cauto di lui, tanto che in “Cosa Nostra” venivano indicati rispettivamente come “il braccio e la mente”. Subito dopo, e cioè intorno al luglio del 1987 o del 1988, egli aveva visto a Marina Longa il Di Maggio, che era venuto a trovarlo con una scusa che egli non faticò a riconoscere come pretestuosa e che successivamente tornò in quel luogo, sicché egli comprese che l’interesse del Di Maggio era rivolto al magistrato. Il Siino aveva successivamente appreso da Francesco Messina, inteso “Mastro Ciccio”, che il progetto di uccidere Borsellino aveva incontrato l’opposizione dei marsalesi di “Cosa Nostra”, i quali avevano lasciato trapelare quel progetto all’esterno, sicché erano state predisposte delle rigorose misure di sicurezza, come egli stesso aveva potuto constatare a Marina Longa. A loro volta le indicazioni del Siino sull’opposizione dei marsalesi all’uccisione del Magistrato ha trovato riscontro nelle dichiarazioni di Antonio Patti, appartenente proprio… Continua su mafie


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