Laura Pugno è poetessa notevole, che a un certo punto ha deciso di cimentarsi anche con la narrativa: Antartide(Minimum fax, 2011), La caccia (Ponte alle Grazie, 2012), La ragazza selvaggia (Marsilio, 2016) e La metà di bosco(Marsilio, 2018), i suoi libri più recenti. Il primo romanzo è stato, però, Sirene (Einaudi, 2007) – una vera rivelazione quando uscì – una nuova via, tutta femminile, alla narrativa distopica. Vite di confine, sospese tra umanità e animalità, tra la terra e il mare, inquiete e pericolose, le sirene hanno sempre rappresentato per gli uomini l’aspetto seduttivo e misterioso della femminilità. Tra scienza e fantascienza, tra mito e letteratura la scrittrice romana delineava uno stupendo apologo sul mondo che potrebbe essere. Anzi sul mondo che è dietro l’angolo. Samuel alleva sirene per la yakuza giapponese, la quale possiede la riserve marine dove vengono nutriti e allevati questi esseri anfibi da pochi decenni scoperti nelle profondità degli abissi marini. “Le femmine erano bestie da latte e da carne e insieme erano donne, prive di parola, prive di gambe, il muscolo unico della coda capace di spezzare in due la schiena di un uomo, la vagina liscia, protetta dall’abrasione dell’acqua di mare da uno smegma madreperlaceo.”
I più fortunati tra gli uomini si sono rifugiati sotto la superficie delle acque per sfuggire al mortale morbo provocato dai raggi solari. Pochi sopravvivono sulla terraferma, e sono i più disperati, gli addetti ai lavori più duri. Samuel è fra questi. Ha perso da poco la sua compagna, Sadako, uccisa a diciassette anni dal “cancro nero”. Le sue giornate si trascinano nella routine di ogni giorno. Sfamare le sirene per venderne poi la prelibata carne sul mercato è il suo mestiere e lui lo fa con sofferente diligenza. Solo nel periodo dell’accoppiamento Samuel sembra svegliarsi dal suo torpore. “Di solito docili come vacche, le femmine di sirena si rivelavano stupendamente feroci alla fine della monta. Non appena cessato l’estro che le manteneva narcotizzate e placide, alla mercè dei maschi, le femmine li avrebbero uccisi e in parte divorati.” Solo le piccole di sirena sarebbero poi state allevate per essere mangiate dagli uomini. La macellazione – praticata agli inizi manualmente con il taglio della gola – è stata sostituita, per le grida delle morenti, da quella meccanica in locali insonorizzati per limitare i suicidi tra i lavoranti. E’ stato felice Samuel finché ha potuto amare la sua donna. Le analisi mediche periodiche a cui è sottoposto un giorno non lontano gli diranno, però, che è giunto il momento di morire. Prima che accada, decide di fare qualcosa che lo leghi per sempre alla sua amata. “Per Sadako le sirene erano creature bellissime. Trascorreva ore nella vasca da bagno. Voleva essere una sirena. Così potrei vivere sotto l’oceano, lontana dal sole, diceva. Ma non ti divorerei dopo la monta, promesso.” Qualcuno ogni tanto prova ad accoppiarsi con le sirene. La yakuza nei suoi locali di divertimento le usa anche come attrazione sessuale, ma sono tanti i pericoli perché funzioni veramente con quelle belve marine. Samuel sa come fare per evitare la morte dopo l’orgasmo. Sceglie una mezzoalbina, il tipo di sirena più simile ad una donna. E’ possibile rendere fertile una tale creatura con seme di uomo?
Se il passaggio a un’altra specie a cui affidare il mondo era una via d’uscita dalla violenza degli uomini, nel romanzo successivo – una vera fiaba nera per i nostri ambigui tempi – tutto appariva più confuso, indistinto nei tempi, nei luoghi e nei rapporti umani. Quando verrai (Minimum fax, 2008) narra di un ulteriore mondo inquietante fatto di fratture temporali ed esistenziali, dove i personaggi si muovono fra desolate campagne e periferie squallide percorse da torme di immigrati. Eva ha undici anni, vive in una roulotte con la madre Leila e con Stasi, il suo perverso compagno. Un giorno viene rapita da un uomo, Ethan. Che come lei ha il corpo ricoperto da strane piaghe. Liberata repentinamente, la ragazzina trascorre i successivi due anni tra violenza ed emarginazione, finché con la morte della madre decide di riappropriarsi della vita. Grazie al riapparso Ethan inizia un viaggio iniziatico alla ricerca di Montserrat, la “guaritrice”, fino a diventare pienamente consapevole del temibile potere celato dietro la sua malattia: “Io avevo forse la tua età quando è cominciato, continua Ethan. Da allora, toccare chiunque è diventata una tortura. Come te, vedo la loro morte:” Il pericolo si materializza ancora una volta in Stasi, il persecutore, ma la corsa prosegue in una terra strana, tra paludi senza zanzare, popolate da curiosi pesci – “Non sono veramente anguille” – finché i due raggiungeranno la donna. Che futuro attende la protagonista (e l’umanità)?
C’è nell’odierna narrativa italiana questo filone di anticipazione distopica, che permette a scrittori di talento come Avoledo o De Roma di interpretare il presente attraverso il futuro probabile, ridando dignità a quel fantastico italiano tante volte bistrattato. Laura Pugno ne fa parte a pieno diritto, aggiungendo alla visione amara del mondo e su quello che saremo le sue doti di raffinata narratrice, abile a porsi tra tradizioni letterarie classiche e di genere. Ed è questo che fa la differenza.