‘Un calcio ai diritti umani’, la protesta dei giornalisti italiani: «Un errore la Supercoppa in Arabia Saudita»

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Usigrai, Fnsi, Ordine e i rappresentanti di Amnesty, Articolo21, associazioni pacifiste e per i diritti umani si sono ritrovati davanti all’Ambasciata saudita a Roma per dire ‘no’ allo scambio tra diritti televisivi e diritti umani. «Per 7 milioni di euro, l’Italia sceglie di chiudere gli occhi sull’omicidio Khashoggi, sulla guerra in Yemen, sugli arresti dei dissidenti e sulla violazione dei diritti delle donne», ricorda Vittorio Di Trapani.
«A fronte dei milioni che il regime saudita ha elargito alla Lega Calcio, non si può far finta di ignorare la situazione dei diritti umani in Arabia Saudita. Non si può ignorare l’omicidio di Jamal Khashoggi e che blogger e giornalisti vengono incarcerati se osano esprimere la propria opinione. Non si può ignorare che le donne che assisteranno alla partita di stasera potranno farlo in settori dello stadio riservati e solo accompagnate da uomini». Così il segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso, al presidio promosso dall’Usigrai, d’intesa con la Fnsi, l’Ordine dei giornalisti, Amnesty International Italia e Articolo21, per protestare contro la decisione di giocare in Arabia Saudita la Supercoppa italiana tra Juventus e Milan e contro le violazioni dei diritti umani in quel Paese.

«Pagando per ospitare la partita di calcio – rileva il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani – il regime saudita tenta di ripulirsi l’immagine agli occhi del mondo occidentale. Per 7 milioni di euro, l’Italia sceglie di chiudere gli occhi sull’omicidio Khashoggi, sul massacro in Yemen perpetrato anche con bombe costruite in Italia, sugli arresti dei dissidenti. Per questo consideriamo un grave errore la decisione di giocare a Gedda la Supercoppa e siamo qui per esprimere con forza il nostro dissenso».

Al presidio anche il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury; il segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Guido D’Ubaldo; la portavoce di Articolo21, Elisa Marincola; Maurizio Di Schino, segretario nazionale dell’Ucsi; il direttore di SportEconomy.it, Marcel Vulpis; Fabio Appetiti, dell’Associazione Italiana Calciatori; Carlo Migliosi, in rappresentanza del Comune di Assisi e i rappresentanti dell’associazione Sardegna Pulita e dell’associazionismo in difesa dei diritti umani.

«Non è ospitando manifestazioni sportive che si promuovono i diritti umani. Sono i governi che devono promuovere i diritti umani», osserva Riccardo Noury. «Lo sport e il calcio – incalza – così si fanno complici e danno sostegno a un Paese in guerra, dove le donne non hanno diritti, dove gli attivisti per i diritti umani vengono incarcerati e dove le condanne a morte vengono eseguite in pubblico».

Guido D’Ubaldo sottolinea che «anche l’Ordine dei giornalisti dice ‘no’ allo scambio soldi e diritti umani. Tra diritti televisivi e diritti umani scegliamo i secondi. Questa – osserva – è un’occasione persa per il calcio italiano: l’occasione di ribadire un principio. Del resto, anche l’Associazione Italiana Calciatori aveva detto ‘no’ alla partita in Arabia Saudita. Ma hanno prevalso gli interessi economici».

«La Lega Calcio poteva prendere altre decisioni», gli fa eco Fabio Appetiti. «Abbiamo portato questa battaglia anche in seno al sindacato internazionale. Abbiamo chiesto di non considerare solo gli standard economici, ma anche quello dei diritti umani. Non siamo stati ascoltati. Oggi il mondo del calcio non dà un messaggio positivo. Io personalmente stasera non guarderà la partita», conclude.

Maurizio Di Schino punta il dito contro le violazioni dei diritti delle donne in Arabia Saudita e sulla violenza che si perpetra in quello come in altri Paesi: «Se nei nostri stadi condanniamo la violenza, perché non dovremmo condannarla anche negli stadi all’estero dove giocano squadre italiane?», chiede.

Elisa Marincola ribadisce la contrarietà di Articolo21 alla riapertura dell’Ambasciata italiana in Arabia Saudita. Carlo Migliosi e Angelo Cremone, portavoce di Sardegna Pulita, tornano a chiedere la fine della vendita di armi italiane in Arabia e in tutto il mondo. «In Sardegna per lavorare devi costruire bombe. È dignitoso? Noi chiediamo la pace. Una riconversione è possibile», dice Cremone, che chiama in causa «il grande assente: il governo».

Infine il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, ringrazia «chi illumina queste storie, raccontando quello che accade in questi Paesi che, come dimostra la decisione di far giocare a Gedda squadre italiane, non sono lontani da noi». La Rai, incalza, «dia spazio al lavoro dei giornalisti che con il loro impegno danno voce alle sofferenze delle popolazioni vessate dai regimi autoritari, che tengono i riflettori accesi sui conflitti, che indagano sul traffico di armi».

«I calciatori italiani potevano almeno portare in campo una foto di Khashoggi», osserva il presidente della Fnsi, che ricorda infine Giulio Regeni, a quasi tre anni dalla sparizione al Cairo, e tutti i giornalisti «che hanno sacrificato la vita per cercare la verità in tanti Paesi nei mondo», per concludere con un pensiero rivolto al sindaco di Danzica, Pawel Adamowicz, «vittima dell’odio di chi preferisce i muri ai ponti».


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