Resta in carcere la giornalista americana convertita all’Islam in Iran. Arrestata negli Usa, sarà sentita da un Grand Jury

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Marzieh Hashemi, giornalista dell’emittente iraniana Press Tv, arrestata sabato scorso negli Stati Uniti, rimarrà in stato d’arresto fino a quando non testimonierà davanti a un grand jury nell’ambito di una inchiesta penale di cui non è stata precisata la natura. Americana convertita all’Islam, da anni vive e lavora in Iran
E’ quanto filtra da ambienti giudiziari che confermano che nei confronti della reporter al momento non è stata formulate nessuna accusa.
Eppure resta in carcere, senza poter vedere familiari e avvocati, nell’attesa di essere ascoltata da un tribunale federale.
Non sarà rimessa in libertà fino a quando non avrà ‘soddisfatto’ le richieste degli inquirenti.
Il direttore di Press tv non ha dubbi sulla natura del fermo, si tratta di una ritorsione per i suoi articoli denuncia.
Secondo quanto riferiscono alcuni amici della reporter, citati dalla testata per cui lavora, Marzieh Hachemi, nata negli Usa con il nome di Melanie Franklin prima di convertirsi all’islam e di sposare un iraniano, è stata arrestata domenica all’aeroporto di Saint-Louis, in Missouri.
“Come sapete, nell’ambito della lotta contro il terrorismo gli Stati Uniti possono arrestare chiunque e tenerlo in detenzione senza accuse per settimane. Temiamo che un’azione legale non sarebbe efficace per ottenere la sua liberazione”, ha affermato Payman Jabali, direttore di Press tv, parlando con dei giornalisti a Teheran.
“Chiediamo agli Stati Uniti di precisare le accuse che pesano su di lei”, ha aggiunto, denunciando che “è uno scandalo per questa sedicente democrazia americana”.
La stampa di Teheran ritiene che la giornalista potrebbe essere stata presa di mira per dei documentari che ha realizzato sulle attività degli USA in Medioriente, sull’islamofobia e altri temi. La donna era tornata nel suonPaese di origine per fare visita al fratello malato e ad altri membri della sua famiglia.
Anche il figlio della giornalista è stato fermato negli Stati Uniti, ma poi liberato in attesa di processo, ha aggiunto il direttore di Press tv senza precisare l’età del figlio, né se fosse con la madre al momento dell’arresto.
L’Iran nel frattempo ha convocato l’ambasciatore svizzero a Teheran per protestare per l’arresto della Hashemi. L’Iran ha chiesto al diplomatico l’immediato rilascio della 59enne, come riporta l’agenzia di stampa Fars citando il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Bahram Qasemi. L’ambasciata svizzera rappresenta gli interessi americani a Teheran, dove Washington non ha una missione diplomatica dal 1980. “Nell’incontro (con l’ambasciatore svizzero, ndr) abbiamo espresso le nostre preoccupazioni sul trattamento che l’Fbi ha riservato alla signora Hashemi e sul silenzio discutibile dei funzionari americani a proposito del caso”, ha detto Qasemi, parlando di azioni “contrarie agli impegni internazionali degli Usa” e di “violazione dei diritti umani”.
Anche il mondo dell’attivismo si è mobilitato e venerdì 25 gennaio in moltissime capitali, da Sidney a Londra, è in tanti paesi, dall’Austria al Pakistan, sono previsti sit-in per chiedere la liberazione di Marzieh Hachemi. Articolo 21 aderisce alla campagna #freeMarziehHachemi e continuerà a illuminare la storia di questa coraggiosa giornalista che nessuna altra colpa ha se non voler denunciare le discriminazioni delle donne africane e mediorientali negli Stati Uniti.


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