Quelli che … insultano i giornalisti

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Chi sta al potere non accetta critiche e se la prende con i giornalisti che le fanno. Chi sta all’opposizione plaude al lavoro di controllo che la stampa  svolge ogni giorno  sul potere.  Ma è una magra consolazione.  A fasi alterne, dunque, i  giornalisti sono sugli scudi o nella polvere. Questo vale soprattutto in politica. Vi ricordate i grillini quanto veleno spargevano nelle interviste contro il potere, quando non erano loro a detenerlo?

Oggi di Maio da una parte e Salvini dall’altro si comportano come D’Alema quando diceva che i giornali “era meglio lasciarli in edicola, tanto scrivono solo bugie”. E D’Alema era un giornalista (era stato direttore dell’Unità). E Gianfranco Fini, anche lui giornalista (direttore de Il secolo) prima di passare alla politica, ha sempre attaccato la stampa definendola, in coro con Berlusconi, “tutta comunista o paracomunista”.

“Il giornalismo porta a tutto, basta uscirne” diceva Longanesi. Non sono pochi i politici italiani che sono partiti  giornalisti e sono diventati forcaioli. Oggi abbiamo due vicepresidenti del consiglio, capi-partito e insieme titolari di ben tre ministeri (l’uno dell’interno, l’altro del lavoro e sviluppo economico e delle politiche sociali) i quali dicono di essere (stati) giornalisti ma contemporaneamente  vorrebbero, se fosse in loro potere, abolire l’ordine professionale al quale immeritatamente appartengono.

Prendiamo Di Maio: “Anziché comprare certi giornali è meglio comprare, a Napoli, una zeppola, una fogliata, un babà”.  Bella riconoscenza  per uno come lui che è diventato giornalista pubblicista soltanto scrivendo brevi cronache sportive di provincia quando per lavoro (lui futuro  ministro del lavoro) faceva lo steward allo stadio san Paolo di Napoli. (“Per vedere gratis le partite in casa del Napoli” aveva chiosato, perfido, Berlusconi).

Prendiamo Salvini, anche lui giornalista per aver scritto articoli su La Padania, l’organo   ufficiale della Lega, il cui capo Bossi sosteneva che  i giornalisti sarebbero “da riempire di legnate”. E quando una firma illustre  del Corriere della sera scrisse che “Salvini non aveva mai lavorato in vita sua”    mal gliene incolse perché l’interessato lo querelò per diffamazione (a mezzo stampa, un reato da codice penale) ed ebbe ragione dal giudice al quale dimostrò, articoli alla mano, di aver ”fatto il giornalista”, anche se per poco tempo, dato che giovanissimo era passato alla politica, dando addio al giornalismo. Resta il fatto che da quel giorno nessun giornalista ha  osato  scrivere “Salvini non ha mai lavorato”:  senza conseguenze lo può dire solo Berlusconi, che è molte cose insieme  ma  non  giornalista.

La notizia è di ieri: i giornalisti presenti al blitz della polizia municipale di Roma contro le ville abusive dei Casamonica, da alcuni esponenti della vastissima famiglia fin troppo nota alla cronaca nera romana sono stati aggrediti e minacciati. Così come fu aggredito e mandato all’ospedale il giornalista che a Ostia osò fare una domanda  ad un esponente della famiglia mafiosa degli Spada.

E’ di qualche anno fa un episodio analogo che ci piace ricordare:  una nota famiglia di ambulanti, con il monopolio della vendita dei cocomeri d’estate e delle caldarroste d’invero ma soprattutto titolare della flotta di  camion-bar che presidiano i monumenti di Roma  più battuti dai turisti, citò per danni un temerario giornalista del Corriere della Sera che  con alcuni articoli  aveva più volte esortato il Comune ad intervenire contro quella famiglia sospettandola responsabile di numerosi abusi nel campo del commercio. E vinse in tribunale: al giornalista, una firma di spicco del maggior quotidiano italiano, fu così chiusa la bocca. Per evitare altre persecuzioni giudiziarie non facciamo qui il nome della famiglia, che non contenta di aver sempre zittito i giornalisti, è arrivata un giorno a fare eleggere in consiglio comunale un suo giovane e battagliero esponente!  E che dire delle ben più serie minacce che ai rappresentanti della stampa arrivano  sempre più spesso da esponenti di mafia, camorra e  ‘ndrangheta?   E’ triste constatarlo: il giornalismo ha decisamente  visto  tempi migliori. Oggi, dal ministro in carica  al venditore di caldarroste, al mafioso,  sono  tanti quelli che possono  farsene beffe, senza correre alcun rischio. Anzi ricevendo il plauso  dei nemici della democrazia.

                                                                                      


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