“Resta con me”, la storia vera dei 41 giorni nel Pacifico di due naufraghi innamorati

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La vicenda biografica, raccontata dieci anni dopo il terribile naufragio da Tami Oldham Ashcraft nell’omonimo libro edito in Italia da HarperCollins, ha colpito Baltasar KormάKur che ha portato sullo schermo i 41 giorni in solitudine nell’oceano Pacifico, senza contatti e scarsità di cibo, prima della salvezza, di due giovani skipper innamorati Tami, appunto, e il suo fidanzato Richard Sharp. Tami e Richard, lei 24 anni americana, lui inglese di 33, sono due spiriti liberi: lei ama viaggiare senza meta, lui ha girato il mondo in barca a vela. Quando si conoscono capiscono subito di essere due anime gemelle. Salpati sotto un cielo sereno da Tahiti con la barca costruita dallo stesso Richard, dopo pochi giorni in mare aperto un uragano di proporzioni terrificanti si abbatte sul loro yacht. Lui, rimasto gravemente ferito, ne esce incapace di far fronte agli eventi ed è curato da Tami in lotta contro il tempo per portare a casa a entrambi la pelle. Il film è la storia di questa sfida per la sopravvivenza e del loro amore, sentimento che ha avuto grandissima parte nella capacità di opporsi a un destino avverso.

Baltasar KormάKur, il regista di “Resta con me” (il titolo in inglese è il più avventuroso Adrift, ovvero Alla deriva), oltre che appassionato di storie sulla lotta per la sopravvivenza è anche un esperto uomo di mare. I due attori protagonisti Shailene Woodly e Sam Clafin sono bravi, le difficili scene in mezzo all’oceano credibili, punteggiato di flashback il lungometraggio ricostruisce l’incontro e i caratteri dei due giovani skipper, il coraggio, la passione per l’avventura. Girato in 49 giorni, la maggior parte delle riprese al largo delle isole Fiji, “Resta con me” è un disaster movie di esperta tecnica, imperniato su una situazione straordinaria anche dal punto di vista sentimentale – essere uniti contro la morte lega e non accade ogni giorno – che piacerà soprattutto agli amanti delle emozioni forti.


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